Paolo Ferrari
Poesie varie
1992-2000
Giorni felici, giorni infelici: giorni fecondi
"Passiamo di qua".
Tratti di luce, di mare. Storielle insulse, pudiche, delimitate.
Un niente: esporre la mente è tremendo e geniale al medesimo tempo.
Perentorie assunzioni di verità celate anche al pensiero che dominò incontrastato il principio del mondo.
Ne ho svelato un'assenza, un esercizio mancato; tutto mi sembra equivalere a un'immagine che fu tenuta nascosta da quel tempo persino ai Rabbini.
Approssimazioni al termine
Senza un fine specifico l'avevo ascoltato.
Il posto era senza vociare.
Diversamente da ieri mi ero sentito
quando nel sonno da una luce
quasi del tutto ero stato sommerso.
Oggi, attraversando la strada
che già conoscevo,
incappare nel fiume lontano
onnipotente, lucido, grigio e fermo.
Osservare allora al di là di quello
il piatto confine di mondo
che neppure un poco è disposto
a concedere.
"E' possibile allora che qualcuno mi conduca
a potermi incontrare in altro senso non conforme alla vita?"
Nuove libertà
Trilla a più non posso
il passero sopra il tetto.
Svoltando l'angolo, leggero
m'allontano e m'avvedo
d'essermi infine liberato
della vita e del suo
non arguto corredo.
Oltre le cose del mondo
Contro la Natura, come in
prestito
al pensiero: retto e
simpatico
ma falsamente glorioso
modo di stare
in vita.
Costi quel che costi
durò così più d'un mese
a sguardo fisso.
4/11/92
Sentimenti
umani
Casa, nel vuoto -
Armonia, dieci
anni fuori - .
Legata, legge dell'anima
rubare similitudini.
- Fuori del soma
del soma liquido
ordinare - il limite - la
Terra: la madre, il cielo
significato del verbo
e del nulla atteso.
Costruirai
la voce - la voce
nettata, il testo
dell'ignoranza - affranto.
Congruo con me.
Fuggevole inizio, mondata
la fine - la fine creatrice.
Paolo Ferrari
Il risultato d'un giorno di visita alla terra e al cielo
Andrei volentieri oltre il fiume, oltre il pareggiarsi
del lume attivo e silenzioso:
ormai la lama del mare e della terra
la favolosa non palese spensieratezza, scelleratezza del volo
delle anime sul pelo delle rive bagnate
degne sono del girare da mani a sera, dal verso sinistro
al lento spaurire nel calore in soma corvino e profondo:
e le dicerie del narrare e del poetare: ora il potere? E
la fiammella tremolante d'un pudibondo non dolente, né tradizionale [fuocherello,
e la regola scimmiesca di cui vincere la maniera? La merce e la somma di denari: [numerare?
La verginea, vertiginosa spada invocata entro il corpo del re,
entro la scopiazzatura di me data la giornata piena e rosata,
ohibò, sul finire, sul morire, sul generare niente
costituisco così il mutare della lucida, non opaca
sensazione di vuoto, di fine, di scabrosa non unica
tensione; non è tuttavia ribalda; è già dato l'azzurrognolo riflesso
di chi guarda e fa armonioso il mio dire: il tuo ricordare
la felice dieresi tra i due opposti altari sui lati non congrui della basilica di [campagna
così il mormorare, il motto felice con l'intenzione di conquistare la comune [categoria del bene e del male;
decisione a parte, il metter mano all'idea, il posarsi del piede,
la franchigia esplicita circa il finire attardato, rallentare
e appisolarsi in vicinanza mia nei pressi d'un sentimento
spazioso: tu e lui, risalirete e sarete già fuori, distanti dalla buccale
emozione con cui lessi e appresi
la lezione del costruire e del morire diversamente
da ciascuno di voi - in me e in noi - esseri
talvolta incompleti, talvolta immanenti e superficiali. Strattonato il vincolo,
senza sperpero di immagine
fuori della caducità malata e veritiera che fa
il lampo repentino: è stretta dal proprio riflesso l'apparenza, tentata
dall'acuto fraseggio al fine di spodestare da sé l'inganno. Non basta ancora
il compiuto giorno
non la sapiente inclusione
ma li raccolgo lo stesso e li conservo; poi me ne esproprio
senza eccessivo travajo.
Come un ampio atto d''inclusione' e di profezia su più piani paralleli, scarni e vuoti all'iniziare del nuovo anno '95
Poemetto dei miracoli
Un giorno, la piazza di Udine
O uomini, o mondo, o idee
di angeli e di démoni, di sgraditi
scarni - non graditi fringuelli del nuovo capoverso
o evoluzione! o specializzazione non sana, non creativa,
no, poi no, poi ullalà, ullallà, cadendo all'indietro
centravo il pieno d'una colma piazza, senza vergogna
la piazza e la città. Udine, chiarisci il mondo!
Il modello dell'evoluzione che seco mena la
stella di sera, la fuliggine del camino
spento il luogo del delirio, nato e già defunto il
Minotauro, la disgrazia ad essere il frigido
vuoto, sfiorita la carezza del giunco, del giaggiolo in
copia sul tavolo cinese, crescere men che meno
Europa, strana visione e lucida tenzone: Europa
io ti salverò. Donna di sole e di certezze,
donna di chiarezza e di idee starnazzanti
lapidarie sentenze in te, in chi si misura con
la parola, con la chiosa finale per mutar
la specie: il cervello, la limpida pregevole
distensione del camminare sul maschile inganno
fa l'ora, è d'uopo, è incuria, è stadio
del giudizio oltre il coma, oltre il sentir diurno tra le
menti che già da tempo con letizia,
con suprema esperienza lì oltre controllo e determino:
mentir del capo, vagire d'una città
fede nella carcassa di homo; di homo sapiens; di
esperienze impopolari e gioconde per loro specie.
Non per atterrire il nulla, non per concludere la vita il niente;
non la civiltà che scoppia di salute nell'Occidente; non la luna
che cresce a metà: a metà l'evoluzione, a metà il corpo
delle due città; delle due esplosioni del Big-bang
delle diversità di donna e di procacciatori di beltà
di sognatori dai sogni sfrangiati ed illuminati
perché nessuno più si lamenti, s'incarni per nulla:
il livello vita-morte; l'impossibile gioco di specie; le specie?
le specie a metà?
Fringuelli non sazi e turchesi, non liberi di cantare, o
l'ornamento non è fecondo?
Specialmente da me e da esso che m'accompagna; io che
posso affermare la gravità
del suono e spazializzarne la
dimensione; o che brutta esperienza! Che languida
indecisione nel non finire il genio, il suo limitar, la grandine colpì
i campi, lì fiondò di gelo
genesi dei miracoli ora io conosco: fiondò
di gelo la grandine e sfiorì la terra:
ora conosco i miracoli, le succulente traduzioni in lingue differenti; la
modalità del sonno in divenire, del suo mancare: il sibilare
sillabare dei versi e delle strenue difese di cui
posso indurre a modificare
le metodiche; la logica è
apposita; è miracolata se mi ci metto; mi ci metto
in ascolto, in perfetta apparizione
substantiale di me
medesimo, in un ricco nulla di uomo: uomo? in homine, in grillo?
Il metodo lo conosco e lo
vado ora per ora insegnando.
C'è nulla e io con l'altro - voi tutti assenti - in me sono e
mi ricompongo con attenzione e allegramente.
Ode nel giorno della morte a me conosciuta
Lamentazioni del nulla, gravi, non generiche
espressioni sul muro del sole, del cardine di vita
dell'abbraccio che io conosco e ribatto
nell'apparente bagliore delle colonne del '500
appese sul filo del ringraziamento.
Oggettive, stralunate angosce dei fanciulli
appena appena esplosioni nelle loro grida
immature
senz'ombre
aspettando l'andirivieni del nulla, del mostrarsi acquattato
non sibilante, non altéro, non troppo cresciuto
l'impatto del pensare giorno e notte, giorno
pieno, giorno intero come il cosmo, nel misurare
la vita, nel contenere la morte, la sua bisunta
non abbastanza civile eleganza nel cessare
nel morire, la morte, il rantolo vuoto
del cane nel canile, dell'uccellino sull'albero
fino, nel cingere a fondo le esperienze di un essere
di un tale, un tal essere, partorito dai giganti
dalle fiere umane
costi quel che costi, voglio uscirne
vivo o morto, è l'antitetica espressione della cosa.
L'unica espressione di cosa o anticosa:
un oggetto finale, la chiarezza biancheggiante delle
colonne al mezzodì, senza vento
senza mistero, con l'impressione di una parola detta più volte,
non del tutto astratta, non levigata a sufficienza,
le montagne e montagne, una fila intera sull'
orizzonte a cerchio a segnare il linguaggio delle
Alpi, dei bimbi introversi, delle loro
aspirazioni taciturne. I ghirigori della
strana mia identità - foglia, o non foglia -
sibili azzurrati dalle asprigne voci entro le fosse
dei pellegrini, dei pellegrini vivi o morti, maschili o femminili,
viandanti entro il quadrangolo senza necessità
di definirsi entro le mura chiuse del
pensiero - chicchessia pensiero - senza opposizione.
Lo illumino, lo imprimo per bene sulla carta
da scrivere e lo maturo in giovane
non ancora anziana età perché aggiri
l'ostacolo e intimorisca per bene - e per male -
la chiassosa innaturale fascinazione
data la quale morte sublime
morte necessaria, morte collettiva e improba
morte arbitraria, e voce della sua cessazione
di fanciullo imberbe, di colonna dorata dal sole
di morti stabilizzati entro i loculi non
tondeggianti, non a sufficienza lunghi
o voi che giacete e imprimete cessazioni
durature e volontà di vuoto, di vita-vuoto
di carcassa naturale di voci mature, e veloci
all'assaggio, al sapore non amaro, non vespertino
come il dondolio senz'assetto della campana
singola, solitaria, senza imprimatur eccessivo,
allora io torno e vado con me a
sbarazzarmi definitivamente della vita
che già ho conosciuto, attivato, elegantemente
realizzato, con polso e con piglio, con voluttà
appena sotto il battito frequente del cuore
pulsante: novità del piacere e del
cercare avanti, indietro
ho finito da poco. Lo segnalo
anche per me.
Della follia come nulla astratto
Della guarigione di corpi e di menti
Esaminiamo il mondo, le caratteristiche della luce della realtà,
nominando e nominando dieci e più di uno
dello spirito, della malattia del corpo come guarigione
come un filtro, come un'estinzione parziale:
fede, fede mia nella brevità degli esseri
delle leggerezze dei fatti, uno ad uno da
accettare.
Io?; tu?; nasceranno le malattie
nel Medioevo, nel limbo del notturno, una voce
leggera e cauta; spero
davvero in te, in una parziale, impura decisione
d'essere (in pace); in cura di linguaggio; in respiri
affrettati, non dolenti troppo, non caduchi.
Lingue di fuoco, zufoli appuntiti liquidati
all'istante nel suono che si placa nell'acuto.
Nel genere di homo sapiens s., nella metafisica del mancare
cercheremo corpi e musica, malattia e delirio,
cercheremo tratti di realtà accumulatasi
nel frattempo;
morte - tolta la morte, la morte mancata -
eccezionale esperienza della fisicità che
s'arrotonda come liscia, come tenera
enorme discrasia
del tempo: signore e signori, regolazioni di impotenza
di attività/passività del morire - corso del giudizio -,
pesare come pensare, dalla radice
pensum, con cui soffrire l'arrivo e la partenza di mezzo.
Seguaci, pasticci di corpi e di menti, severe intuizioni
non dannate, non destinate a parlare
- come a tacere -, un rinvio alla collaborazione
per razze di homini sapienti - homines sapientes s.-;
non linguaggi, non parlare, non fissarti, non
partecipare
appena al di fuori dell'esperire la mancanza
elementare della sciocchezza, della materialità
fisica, come del capire, dello stabilire
in cerca di un bisbiglio, d'una feroce estroflessione
dal nulla l'universo che sentì salire
il dolore del parto ingenerato.
Soccorri, soccorri tu:
non c'è storia, non c'è vicissitudine né linguaggio.
Piango e poi piango;
medito e ancora medito: non sta in me
celebrare quel dannarsi l'anima: o povera specie mia.
Storia dell'idea, dei fatti, da estinguersi d'un miracolo nella fisicità
abitata alla lontana.
Cerco e poi cerco: non conosco
limiti, né eccezioni. Né
baluardi di fronte alla natura:
lo scopo è di finire; di strappare l'anima (in pace, in concomitanze opportune).
Necessità di ideare, di sognare, di accelerare
la mondanità, finché cessi.
Sparisco: collaboro acciocché esso sparisca.
Mondo in crisi: in una ineluttabile crisi
di sapienza, di accettazione, di legami con la legittimità
del nulla: in giovane età
il nulla.
Lo curiamo bene il nulla che è capace
di mutare; di accasciarsi, di verificare
materia e materia.
Lasciarla sparire: materia e materia, necessità
e necessità dell'essere in cima due volte
destino di caducità. Di equilibrio del finire, del socchiudere
nel caso in cui la morte non sia per davvero.
Lo credevo umano.
Lo dedico al nulla, alla sua prossima nascita quale estinzione
d'un sintomo (malattia) della ragione non mia
ragione; non a sufficienza sensibile la ragione
per appartenere alla dimensione del nulla
definitivo e definito.
Reclamare la poesia; cessare della schizofrenia.
Le immagini sono tutte attraversate per intero. Con
misurato, non causale orgoglio d'essermi distaccato.
Di poco; di tanto di poco.
Appena oltre il limite della realtà materiale
e spirituale. Al galoppo ...
caschi il mondo.
Un istante prima: sanabitur anima tua. Anima mea accettata e sparita.
Profezia 3
Preludio al metodo
Arretrato solo di poco: entro
i limiti dello spazio tempo
come uomo senza corpo, senza idea
del presente: violare il mio caratteristico deambulare.
In attesa: sfavillare del giorno; assopirsi del chiarore
indugiare le meningi in verità, in verità
corpo del dio misterioso, e folle la gente del dio
come cosmo da comprare in proprietà
comune.
"Cento di questi giorni": come la fine del nulla
appassito è il nulla, acquatico codesto senso
d'improvvisa serenità di lei, maestra
di Lontananze future.
Un gradino di storia, un gradino di spazio:
volgare rammentarsi del macroscopico e audace
inviluppo di cervello e di costato non eterni
dell'uomo, del cavallo, del disegno a maniera visibile
e chiara; audace verbo di lingua straniera.
Non una, non due, non diecimila volte
in una: regole di vivere diversamente da quanto
s'imparò nel tempo millenario d'una
stretta evolutiva, conseguenza
di esperienze
notturne: un abbecedario cinese che insegna
la forma della China, la mappatura
del territorio montuoso e della pianura:
del caso con cui avvertii di notte e di giorno
(un giorno, una notte sono miei, nessuno che viva, di
qualcuno che è morto: forse nessuno
ch'è morto, che è risorto)
forse il nulla medesimo, forse la città
di S.Agostino, la morte degli Ebrei, la fede
cristiana, lo splendore delle stanze affrescate
in stile manieristico da Giulio Romano, la crudeltà
d'una mente non appieno centrata sulla base del cranio
(spezzarsi a breve, non comunicare, autistica osservazione)
a giorni, a notti alterne, come la causa sull'
effetto, non il vigilare e neppure la questione dell'
operare giusto con il pensiero o
con l'affetto. Togliti di lì, non è ora, per il momento:
c'è mancanza di un lato dell'arguire
come Mozart nei minuetti troppo vacui?
troppo semplici? Troppo la tua testa, perché non ha durata?
Homo sapiens
Homo - Homo - induzione
dall'alto - la scienza? la coscienza? la libertà?
Mito della luce e della fisiologia corporale, come
attenersi al dovere delle forme e del concetto.
Spaesamento e inquietudine: "spegni la luce".
Cordoglio del niente fisico, eccezione di mondo
attraversando la strada e il ciclo della vita
così ella emetteva idee solidali con sé.
Parla, aggiunge il corpo e la freddezza del
giorno.
Medicina della mente; soglia di vita;
allora coscienza d'un mistero fattosi cosmo,
s'arrabbiò molto e battè
i pugni sul tavolo
arrischiando la sua sofferenza attraverso gli occhi.
Pianto o vertigine;
pena d'un uomo - Homo - significa
casa di Dio
della consumazione di io fino al cuore.
Nel donarsi - capì - non c'è merito né colpa;
ottenebrata la sua mente, il suo corpo
prigioniero
del piacere inconscio.
Parola e interesse
oltre la medicina, la medicina
morta.
Violenza; delittuosa partenza di madre - la matrigna
è sognata nei sogni del cuore triste.
Ma la vita? Bricolage del cosmo,
bricolare - Homo - sapiens - medico
di Homo sapiens s.; passa di là
che ti pago!
I feriti delle guerre, delle lunghe e miserande pazzie
delle carestie che attraversarono Europa
nei secoli recenti e passati.
Autorganizzazione del sistema attorno
al nucleo della cessazione della vita.
Cessare di vivere, di morire? Indiscreto
sospendere la cosa; la maturità dell'io: la sciagura
del piacere e del vacante dispiacere
senza morte, mercoledì delle Ceneri.
Batterio litico: linfocita del sangue, specie non immune,
specie ignorante, specie bricolage: continuare?
L'illusione, la mancanza di idee, di fascino?
L'assenza di delirio, di medicina, di dèi, di errori? Le
continue mosse alla ricerca
dell'amore, del desiderio non colpevole.
Animali, figli miei, mie
impudiche creature
lasciatemi dire
che forse abbiamo già passato
il limite:
al di qua, al di là ci stiamo trovando e ritrovando
socchiuso il cancello.
I corpi si sono distratti e allontanati
di fretta, fremendo sottili.
O corpi, corpi;
corpi del nulla, attratti dal
finire. | | S'inerpicarono conclusi-inclusi oltre la pace.
Vedere l'ombra del silenzio (S. Stefano Belbo)
Sulla cima vibratile della collina
vidi improvviso a mezzogiorno
il silenzio fissarsi com'ombra
nel mezzo dei legni
di nuda croce.
Gio Ferri
Conversazioni pag 32
Da Nozze pagane
Sì, tocchi il filo della vena - dove vada e donde, sebbene, poi, tu sappia, mi chiedi - e ti figuri il viaggio. Ora, io dico che vorrei restare (e subito distingui e contraddici), qui, al battito, fermo e zenitale, senza risorse. Che valgono? La fola della spoliazione mi rinfacci - no! non è privazione contingente, o prevenzione, poiché il senso delle trattenute necessità non mira ai riscatti, ma tu esalti ed io riconosco, ma trascuro, e accetto infine, perché, non lo ammetto, ma la verità - vedi che ho ragione - è pure nella tua presenza. Vorrei comunque che accettassi la mia stanchezza e la mia remissione.
Paolo Ferrari
Raddoppio
Ahi, in nuce il dolore dell'anima, mia vile eccezione
dolevo, dolevo, vado e donde (recedere) - il viaggio della terra, la stanza della notte, dei figuri. "Vorrei restare", contraddici di già parole, e parole, segmenti di distacco
ammettendo il bene e il male, l'orpello agognato della
miseria, in presenza, in presenza (di nessuno).
Capitò proprio laggiù e fu stanchezza,
infinita, infinita esplorazione di nulla.
Ereditando la cometa di luglio
di luglio
di luglio, verso la vigilia del giorno e della notte.
Superficiali espressioni di realtà senza angoscia
senza orrore.
Non in simbiosi
A-essere
Era inverno. Come un corpo
di là - l'esperienza
delle iniziali cose.
Frutti inumani, robusti
arbusti nani,
a cambiar forma.
Arte minore
Separatosi il limite
come luce soffiava
(e strideva)
sul pelo dell'acqua.
"Hai corso un bel pericolo!".
Opportunità (pari al-nulla)
Entrato quatto quatto
tal-quale è passato
a miglior vita.