I RACCONTI DELL'ASSENZA

 
  Racconto del coccodrillo-del-mondo


Più e più volte avevamo atteso e cercato per ogni dove il coccodrillo-del-mondo. Alla fine lo scovammo e, anticipandone le mosse, lo fotografammo. Con non piccola sorpresa, con l'osservazione alla lente d'ingrandimento del provino, poggiando lo sguardo sul piano di fondo, si poteva intravvedere - da parte nostra e da chiunque avesse scelto di affinare e accertare l'evento - quel corpo potente trafitto nelle squame e nel ventre. Balzava all'occhio un foro nel mezzo attraverso cui si mostrava - e in modo ancora più netto dall'impronta del negativo - lo svuotamento del tempo e dello spazio, con l'iniziale e inarrestabile scomparsa del mondo con tutte le sue immagini. Di quel mondo, che ormai era in procinto di sprofondare nella sua interessante e nuova dissoluzione, non avevano fatto altro che lusingare le vestigia d'una realtà troppo attaccata al suo mantenimento, alla preservazione di sé, quasi una fissazione, aliena alla benché minima modificazione, almeno in profondità, anche qualora fosse stata necessaria al fine d'una maggiore qualità della vita. Con il nostro comportamento e con il nostro pensiero, per lo più pavido e incapace di slanci adatti ai mutamenti radicali, avevamo concesso al mondo reale l'assicurazione d'una sua stabilità fasulla, sperando d'avere da ciò un ritorno: quel trasferimento da esso d'una continuità priva di scosse e di mutamenti che avrebbe garantito ad entrambi, come per un patto implicito, una sorta d'immunità onde rendere per lo più inoffensiva la morte. E con ciò attenuare il dolore della ferita dell'essere e dell'esistenza - pertugio sull'infinito - , quando il pensiero tutt'uno con il corpo si fa affatto privo d'inerzia.

 

 

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DEI RACCONTI