1mo capitolo .doc
Paolo Ferrari
Paolo
e il suo compagno
senza nome
I capitolo, I parte (1/5)
Se congiungi un osso puoi al massimo sperare
in un respiro sufficientemente profondo a contenere l'allampanato sospiro
di un morto gaglioffo, un ladro di peccati, che furono sudati, rappresi
di sangue granitico, tristemente scendeva le scale il poeta ingenuo misconosciuto
" ciao, ciao " disse rispondendo a sé, sostituendosi
a quel rumore che ruba le ore scappate nella stanza dove potresti anche
sapere: di là un suono di raggi che sono i ragazzi sulle biciclette,
si rompe nell'aria dai vetri s'ode l'aria più scura in basso dentro
la ruota, ora è salita in alto, più ombrosa, bianco, fatica
se corre in un organo nelle canne dentro al di sopra del tetto, robusta
e piena tintinna, no, anzi una fonda ha scrosciato l'interno dietro al
fuori tenero, un'angoscia di spazio ristretto, una fuga lunga. Maestr!...
un passo, una faccia portata che guarda a sinistra, una panca, rettangolino
parallelo si sbianca, di marmo, grido, di rimbalzo, e il bello è
che stavo solo guardando, s'infila trasmesso di pelle un pezzo di cosa
che cade. Rimbombo si perde, s'infila. Rimbalzo. Acuto e stretto, non
c'è spazio, solo di fondo, niente, posso? Potrei scusarmi, non
voglio.
E' uguale, s'interrompe? Aspetto. No, il tempo di ieri quando saliva l'ascensore,
le scale di marino del conte, ringhiere attorcigliate senza coltelli,
che servono? Ma se viene il mattino, le stelle si alzano. Capito? mio
caro, era sabato, e anche oggi, sentire papà, mi chiama Nicolò,
singulti, ma no, quell'organo è cattedrale, quell'ansia è
uomo e pianta e stella bifronte, un doppio animale spellato, muri si incorniciano
nella materia, come lo sai? Ma guardati intorno! Sono frangenti! Chi?
L'amico con la barba che ha scoperto la colpa. Uscire dal tempo, mi dice.
Che scoperta! Se esci riprendi l'antico, non c'è violenza, né
amaro, 'né sorpresa.
Mi tocco d'ignoto, una campana che suona la mezzanotte e tu voltavi l'angolo
della strada, fortuna! c'era quasi nessuno, lampioni oimmoti, solitari,
ragazzi fra loro; ho visto la 'luna là dietro, un parafulmine,
un tetto, che dici? ritorna e continua. Una rivolta, gente che lotta,
cavalli di battaglia, martello che batte le ore raccontate da onde magnetiche,
dice Corrado, è inerte, sta dormendo al piano di sopra. Perché
non sento?
Lucidate le strade da un soffio di pioggia, la mano sorregge la cicca,
tra un piano le nocche, nell'altro 'la mano un bianco comporta. Il fumo
sbatte sui fiori. Stella di Natale, ha detto la Paola. Uno stelo s'è
rotto, l'ho piantato da solo nel vaso. E sta come prima insieme con gli
altri d'inizio, per conto suo, magari straripa, ma no, ora guardo. L'han
tolto. Forse Rosangela. Non poteva stare, quindi che bella scoperta pensare!
Una piccola pancia in fuori, incinta, aspetta, feconda, un mento prominente,
la testa, due orecchie all'insù, uno spazio uguale, il corpo tra
il mento, un taglio preciso, si sente? Si, forte, è di là,
due linee fanno rumore? No, eppure si scatena il limbo di quiete. Nicolò
lo tocca, è vicino. Guarda. Una pistola giocattolo in mano, le
ciglia folte e sporgenti, incantato, muove la mano. Mi guarda, un sospiro,
cammina intorno. Le linee si congiungono? No, di traverso, di dietro un
incavo, rotondo, si tocca e scende, colando materia calda. E' la dea della
fecondità. " Papà, ciao " ha sostituito l'incontro
di loro a casa di un altro, un amico, un ricordo, chiacchiere lontane,
stupite di esserci. Eppure... Corrado le sente, il sonno profondo, quello
più in là di ogni concetto, se striscia non sente, se parla
non dice, se ama, sospetta, e poi, ma va, e poi, ma va, e poi... tranquillo...
un pezzo.. intero.., sordo rotondo facendo le scale rivede la strada,
fanciulle coperte di bianco e di verde saltuario, si mischia e fa maturare
le pesche sull'albero di noci, che cadono, le raccoglie e s'addormenta
di sotto all'ombra nell'erba, un mattino di un giorno di domenica tardi
dell'anno trascorso tra un pensiero e l'altro di un'ora pomeridiana seduto
su un tram guardando il giornale dell'altro signore di fianco, che volta
le pagine, è seduto di fronte, ne volta un'altra è seduto
di dietro, sul vetro e lo saluta, se ne è andato col giornale per
fargli dispetto, e compralo! barbone! è volato. Corrado lo vede.
Un soffio di vento si prende il giornale, la pagina letta. Il signore
si arrabbia. E cade per terra. " Lo vuole il mio? " gli dice
Corrado, gli apre la mano, gli mostra il palmo. Il signore seduto lo guarda
intimorito, è pazzo, si dice, " ma che bel giornale, la notizia
dell'ultima ora". " Ma ora debbo scendere, sa, qui, alla stazione
morta. Buongiorno signori. Mi scusi per quell'albero che ho piantato davanti,
speriamo che cresca, è 'tutto ciò che mi rimane. Lo lascio.
Siete stati così buoni con me ".
Ritorni grevi con fardelli sulle spalle, continui lamenti, e se si infiltrassero,
sì dietro, superati soltanto quei miti impressi, una colpa, sorridi...
ma sì... sorridi! E ruba fracassi, bambole di tempo, la luna piena,
bella invano. Una gemma di albero, fa rumore, non è sull'a luna,
è rossa, lo 'lascia a noi, essa si basta, intera e trascorre tra
i muri merlati, chiusi di sopra, e s'allontana, 'la gemma è rimasta
per noi. Un rumore? Ma sì, perché lo chiedi? Non fare domande
stupide, alzati e guarda, e con questo sei già un'intera persona.
Le han detto che sbaglia. Le han detto, (sussurrando s'intende) che è
assassina. E lui si strugge, un triangolo senza scampo, perché
gli hanno anche detto:
è solo pazzo. Facile vero? Ma basta. Che vuoi che si dica, non
altro. Ma se rompessi la testa a tutti, sarebbe lo stesso: è ancora
vivo, respira pagando l'aria, uno al secondo e poi uno al minuto, è
passato un anno. Si è interrotto allora. E adesso che fa? Guarda
dentro, gli occhi socchiusi, le palpebre sospese, vetri isolati, pareti
e soffitti dentro la testa: un assassino è pazzo. Sono io, fuggire
di sotto che cade cadere, taglio, un sussulto, netto. Un colpo della mano
spiaccicata in fronte, separata, era in quattro la sera, finito contro.
Sai. Futuro di legno.
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