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LA
A-SCIENZA E TEOREMI IN-ASSENZA |
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Susanna Verri
L’Asistema in-Assenza
e la cura Alcune considerazioni circa un approccio alla cura in-assenza. E’ forse possible
pensare alle categorie del mancare, del perdere, della a-consensualità quali fattori di sanità?
Premessa
Analisi in-assenza
La cura della mente (e del corpo): riunire in un’unità asistemica a più punti focali le discontinuità che
sono alla base di processi mentali, consci e inconsci, dando
loro una ragione d’essere – o non-essere. (P. Ferrari, I Nuovi Foglietti della scienza, 2002)
Nell’attuale momento storico in cui tragici
eventi di guerra e distruzione
[1]
stanno radicalmente modificando non solo la situazione
politico-economica internazionale ma anche la condizione antropologico-esistenziale
di ogni singolo individuo, la quotidianità appare caratterizzata rispetto
al passato da un grado molto maggiore di instabilità, percorsa da
un’inquietudine che ultimamente da alcuni è stata descritta come “la
nuova dimensione dell’angoscia”. Sembra che in un siffatto contesto
antropologico Homo s. si stia confrontando con la perdita di quelle
certezze e di quei riferimenti che avevano precedentemente consentito
l’organizzazione del vivere politico, economico, sociale e culturale
della specie. Non è ancora chiaro in che modo sarà possibile
assumere l’emergente condizione di precarietà. E’ probabile che occorrano
alla nostra cultura nuovi modelli concettuali, altri valori - forse differenti
espressioni dell’attività pensante e affettiva, secondo quanto ipotizzato
nel dominio in-assenza -
con cui elaborare una condizione esistenziale sempre meno certa
e progettabile. Come se fosse necessario (e auspicabile) un cambio
di prospettiva perchè Homo sapiens s. rinunci ad assecondare l’antico
bisogno di certezze e si affranchi dal primitivo legame di dipendenza
con la cosa concreta. Se si attenuasse l’immagine di un quotidiano
ripetitivo (e perciò prevedibile) e fisso come quello che l’opinione
umana ha finora concepito, potrebbe forse emergere un differente modello
di esistenza? Grazie alle ultime capacità acquisite dalla specie con
la comparsa delle attività nervose superiori e lo sviluppo del pensiero
e del linguaggio, è probabile che l’essere umano sia in grado di confrontarsi
con una realtà vieppiù molteplice e cangiante, un sistema in trasformazione
verso stadi a maggiore complessità (asistema
complesso in-assenza). Secondo tale ipotesi, proviamo a introdurre una variazione rispetto
al consueto punto di osservazione da cui l’essere umano pensa se stesso
e la realtà che lo circonda. Supponiamo che sia possibile pensare
le categorie del perdere, del mancare, della a-consensualità non più
come tòpoi che evocano frustrazione e solitudine tout-court, bensì
come nuovi valori capaci di promuovere un rinnovamento dei modelli
attraverso cui l’essere umano si rappresenta ed esperisce la realtà
in cui vive. E’ forse pensabile una riduzione dell’importanza attribuita
alla presenza (e al possesso) della cosa, espressione dei drives istintuali
di antico retaggio animale? Una variazione degli equilibri del sistema
psicosensoriale umano, finora adatti a rispondere – in modo più o
meno mediato - alla necessità di un oggetto concreto? Si potrebbe
ipotizzare di smuovere la fissità dei meccanismi coattivi inconsci
cui Homo sapiens è da sempre vincolato? I nuovi valori sarebbero fattori di sanità nella misura in cui fossero in grado di favorire il cambiamento
dell’organizzazione somatopsichica umana verso una configurazione
di ulteriore complessità, maggiormente adatta alla relazione con l’attuale
sistema-realtà dalle rapidissime modificazioni. La realtà sembra ora
in fase di veloce trasformazione, caratterizzata dall’incremento del
numero e della complessità delle informazioni circolanti nonché dalla
repentina perdita di significato dei criteri per elaborare le nuove
acquisizioni. E’ probabile che l’adattamento a siffatte condizioni
di mancanza di stabilità richiederà una sempre maggiore e più complessa
attività delle funzioni nervose superiori. Possiamo supporre che un’ulteriore
sviluppo delle capacità di pensiero e di linguaggio – probabilmente
necessario a elaborare il mutamento della realtà – tenderà a ridurre
l’importanza dei processi di tipo sensoriale-percettivo filogeneticamente
connessi al soddisfacimento dei drives primari istintuali. Ciò potrebbe
comportare l’aumento – forse in modo definitivo? - della separazione
(distacco) dall’antica provenienza animale. In considerazone di tali premesse, l’attività di cura (in-assenza) sembra adatta a rinnovare l’interazione Homo-realtà, attraverso la formazione di un nuovo sistema (asistema) ad alta capacità relazionale (arelazionale) secondo le proprietà del sistema complesso di nuovo genere denominato Asistema complesso in-Assenza e descritto da Paolo Ferrari nei Saggi sull’Assenza [2] e in altri scritti. [3] L’interazione con tale nuova entità (accoppiamento dematerializzante-rimaterializante in-assenza) sembra poter indurre modificazioni entro le modalità con cui l’essere umano elabora (e vive) la condizione di realtà. Come se fosse possibile vivere le perdite e le mancanze quali variazioni di equilibrio (oscillazioni in-assenza) atte ad indurre un cambiamento di livello entro la propria organizzazione sistemica. Secondo tale considerazione, la perdita diviene pensabile come fattore di disorganizzazione e riorganizzazione complessa di un sistema in mutazione. Elemento attivo capace di indurre la crisi e la modificazione dell’insieme nella direzione di un aumento dell’attività globale del sistema e di una sua minor fissità. In psicoanalisi, a partire dallo scritto
di Freud Al di là del principio di piacere (1920), si è definita con la pulsione di morte (thanatos) la tendenza fondamentale di ogni essere vivente a ritornare
allo stato inorganico. Si tratterebbe di una forza che mira alla riduzione
completa delle tensioni e al raggiungimento di uno stato di quiete
totale. La pulsione di morte esprime altresì la tendenza inconscia
e coattiva – si ripete incessantemente sotto la spinta di una coazione
(coazione
a ripetere)
– a conservare, a non perdere, a non modificare alcunché; si oppone
alle pulsioni di vita, tendendo a realizzare una condizione di totale
fissità, un’immobilità simile a quella della materia non vivente (stato
inorganico della materia). Come vedremo secondo le ipotesi in-Assenza, la pulsione di morte (thanatos) è pensabile quale espressione di una
grave patologia di origine filogenetica (malattia
della specie)
tendente a bloccare ogni processo evolutivo della specie. Essa alimenta
e reitera le tendenze regressive a scapito dello sviluppo delle attività
nervose superiori e della maturazione delle capacità affettive e relazionali.
Si può supporre che l’inibizione legata alla pulsione di morte tenda
ad opporsi anche ad ogni attività in-assenza. Secondo quanto è osservabile dal punto di
vista del dominio di cui ci occcupiamo, la relazione (accoppiamento) con la nuova entità asistemica
(asistema complesso in-assenza) sembrerebbe portatrice di un elevato grado di attività, a causa
dei continui processi di dematerializzazione e rimaterializzazione (in-assenza)
che sono alla
base dei suoi equilibri oscillanti. Si può ritenere che per l’essere umano tale
incessante attività di costruzione e decostruzione possa comportare
una (parziale) perdita della fissità e ripetizione dei sistemi profondi
– forse un’attenuazione della coazione a ripetere inconsciamente
determinata? L’attività in-assenza potrebbe pertanto essere considerata una
cura: tenderebbe a favorire il tentativo umano di contrastare l’antica inerzia,
depositata nella profondità dei retaggi di specie, che Freud ha indicato
come pulsione di morte. Dell’Assenza
Cos’è assenza? E’ il niente, in assenza del quale nessuna
cosa, compreso il nostro esistere, il nostro pensare, potrebbe aver luogo, avere
presa entro i nostri (deboli) sensi. (P. Ferrari, Aforismi in-assenza, 2002)
In questo scritto considereremo una nuova proprietà delle attività (nervose) superiori di Homo sapiens, chiamata Assenza (o in-Assenza), e la particolare condizione del vivere e del pensare che a questa corrisponde. Ci chiederemo in qual modo la relazione con il sistema complesso di nuovo genere (asistema Assenza) ora emergente nella realtà, modifichi la nozione e l’attività di cura (Analisi in-Assenza). Se sia pensabile un diverso concetto di sanità, secondo le proprietà dell’asistema e le profonde modificazioni culturali e antropologiche che questo determina nel sistema noto di realtà. Si può inferire dai comportamenti umani come nell’evoluzione umana lo sviluppo
dei processi intellettivi, affettivi e relazionali complessi – legati
alla formazione dell’encefalo e alla comparsa delle attività nervose
superiori, sul piano neuropsicologico, e al progesso culturale, in
senso lato - abbia prodotto l’emergenza di una nuova distanza tra
Homo s. s. e l’oggetto-realtà. In mancanza di tale separazione, il
mondo sarebbe rimasto un’entità indifferenziata e non conoscibile,
simile alla cosa percepita dall’animale: mero oggetto sensoriale non
altrimenti elaborato (e perciò poco idoneo alla maggior complessità
e finezza del sistema psicobiologico umano in evoluzione). Lo sviluppo
in Homo della neocorteccia – il cervello
neocorticale che si ritiene si sia sovrapposto nel corso dell’evoluzione
ai due cervelli precedenti, il cervello
rettiliano e il cervello limbico
[4]
– determinando la fine della massiva prevalenza
del più antico sistema sensoriale-percettivo, ha probabilmente permesso
l’attenuazione del legame compulsivo (e reificante) con la cosa, ormai
superato dall’emergenza delle più complesse attività nervose superiori
e dall’organizzazione di un’attività pensante umana. Le tappe filogenetiche che hanno portato a Homo sapiens s. sono state caratterizzate dall’aumento di importanza dei fattori culturali (per es. la sepoltura dei morti, che ha contribuito a differenziare Homo sapiens dal suo predecessore Homo Erectus, pure già in grado di fabbricare utensili). Attraverso l’affermazione di condotte tendenti a privilegiare le risposte di tipo culturale-mediato rispetto a quelle di tipo istintuale-immediato, la specie è progredita, riuscendo ad esprimere la propria peculiare organizzazione sociale e civile (S. Freud: Il disagio della civiltà (1929). Tuttavia, sebbene la nascita del pensiero e della parola, insieme allo sviluppo della cultura e degli affetti, abbiano posto le premesse per svincolare la specie da un’obbedienza coattiva alle leggi di natura ormai inadatte alla sua nuova complessità, Homo sapiens risulterebbe ancora sostanzialmente incapace di compiere il definitivo distacco dalla propria origine animale (e dalle tracce dell’antico legame compulsivo con l’oggetto). Essendo portatore di un’affettività e di una razionalità nuove, astratte e maggiormente libere da cosa, egli non avrebbe ancora mutato la primordiale radice della propria attività pensante e affettiva. Alle attività di pensiero e a quelle, in generale, relazionali sarebbe mancante un piano di maggiore complessità: questo potrebbe rendere il rapporto con l’oggetto-mondo meno coattivamente vincolato al timore di una sua perdita, timore che è una delle cause per cui la cosa è conservata anzichè lasciata e svuotata. Secondo la prospettiva in-assenza, Homo sapiens vivrebbe una realtà in eccesso concreta, satura di cosa e reificata - analoga a quella esperita nella condizione schizofrenica. Si potrebbe perciò ritenere filogeneticamente affetto da una malattia schizofrenica che abbiamo chiamato schizofrenia di specie [5] - in considerazione dei presupposti evoluzionistici che la caratterizzano. Vedremo come, rispetto a tale malattia, lo stadio in-Assenza – di cui si occupa l’omonimo dominio – si possa considerare condizione di sanità [6] tendente alla cessazione della coazione a ripetere (manifestazione della pulsione di morte) secondo cui senza sosta Homo sapiens ribadisce il suo legame-dipendenza con la cosa concreta e con questa occupa la realtà. L’ oggetto reale assente Dell’oggetto affettivo e del (suo)
morire
Ogni oggetto del mondo, con
la nascita d’una mente pensante, deve cedere un pezzo di sé. Esso deve
divenire meno concreto – d’una concretezza (ideale) generale -, e
cioè deve diventare oggetto mancante o oggetto mancato. Oggetto che assume la proprietà d’essere (più) assente, di cessare, di
morire (entrando nel tempo). Qualora l’oggetto del mondo
– così divenuto – perdesse questa sua peculiarità, la mente cesserebbe d’esistere – essendosi
fatta cosa concreta e inanimata. La patologia schizofrenica implica
che l’oggetto del mondo, privo del mancare peculiare, si fissi nella sua globalità concreta;
in seguito a ciò la mente che lo pensa è priva del suo (parziale) esser meno – essere
luogo del mancare, ovvero non essere. In questo s’irrigidisce, si ammala e muore: con esso
il soggetto pensante-affettivo cessa d’esser tale. (P. Ferrari, Aforismi in-Assenza
2002)
Se la cosa è sottratta (abstracta [7] in-Assenza), nel suo venir meno è data l’emergenza di un nuovo oggetto reale, l’oggetto reale astratto assente [8] capace di indurre il mutamento dell’attuale sistema realtà nella direzione d’un valore più assente: minor occupazione concreta-maggiore astrazione e complessità (vincolate a un nulla germinativo). In una prospettiva filogenetica, è possibile pensare che già con la nascita del pensiero astratto e della parola sia emersa un’attività in-Assenza. [9] Analogamente a quanto avviene dal punto di vista ontogenetico ad ogni tappa del processo di maturazione psico-affettiva di ciascun individuo, si può supporre che tale attività sia stata un fattore necessario affinchè i processi di astrazione (il pensiero e il linguaggio) avessero luogo entro l’organizzazione concreta della realtà. Attraverso l’accettazione di successive perdite (e l’elaborazione delle corrispondenti frustrazioni) si forma nel bambino la capacità di rimandare il soddisfacimento immediato dei bisogni - secondo Freud si tratta dell’affermazione del principio di realtà sul principio di piacere -, vale a dire la possibilità di incominciare a vivere in mancanza (della cosa concreta). Ciò equivale alla rielaborazione della perdita del primo oggetto d’amore costituito dalla madre (M. Klein), e si compie attraverso tutti i successivi distacchi che a partire dal primo (avvenuto al momento della nascita con il taglio del cordone ombelicale), si ripetono sul piano reale e su quello simbolico ad ogni fase cruciale di maturazione (svezzamento, controllo degli sfinteri, verbalizzazione, stazione eretta e deambulazione, etc.). Il distacco dalla madre e la conseguente capacità di vivere la mancanza, e quindi ogni frustrazione intesa come mancato soddisfacimento di un desiderio, sono per il bambino la condizione necessaria per lo sviluppo del pensiero [10] (W. Bion, 1961). In-Assenza secondo il modello che si rifà al taglio del cordone ombelicale [11] attuato alla nascita e alle conseguenti modificazioni nel rapporto madre-bambino e in entrambi i partecipanti a questa relazione, la funzione del distacco come fattore di cessazione è a fondamento di nuove capacità relazionali (a-relazionali) e affettive. La rottura dell’equilibrio precedente, la crisi del sistema con la dissoluzione del legame fusionale (sia questo con le cose, con la madre o con la realtà tout-court) producono di fatto una separazione definitiva: il rapporto si riorganizzerà su nuove basi avendo assunto al suo interno una perdita in cui si è rotta la simmetria, cioè quella corrispondenza punto a punto che faceva del legame precedente un alcunché di simbiotico e perciò totalizzante. Data tale rottura, la relazione si fa beante, bucata nel mezzo, [12] costantemente aperta su più piani e a più foci all’Assenza.
Un sistema complesso di nuovo genere: l’Asistema Assenza (o in-Assenza)
Chiamiamo Asistema Assenza quel particolare sistema complesso che si viene a determinare con l’accoppiamento (Accoppiamento-Raddoppio (dematerializzante) in-Assenza) [13] del sistema noto realtà con l’attività (passività) in-Assenza. Secondo il Principio di Inclusione [14] dato un particolare punto di osservazione che si ponga al di fuori di un sistema noto – che abbia la proprietà di sottrarsi alla tendenza attrattiva ed equilibrante di questo e si ponga nella condizione di includerlo in un ambito di ordine superiore -, il sistema in osservazione (e con questo la realtà che gli corrisponde e che esso contribuisce a costruire) tenderà a mutare nella direzione e secondo le caratteristiche della nuova osservazione. Ogni attività emergente dal dominio in-Assenza si comporterà nei confronti della realtà nota quale mediatore (dematerializzante) in-Assenza e operatore di Raddoppio, esprimendo nei confronti dell’entità raddoppiata la particolare attività di cura che è propria dell’asistema Assenza. [15] Scrive Paolo Ferrari nell’aforisma N.12 sull’Arte in-Assenza: [16] “L’Arte dell’Assenza si occupa anche della cura: essa sta nel luogo (assente) dell’(anti)anti schizofrenia. Ogni suo segno o disegno è pronto a scomparire simultaneamente al suo mostrarsi, è privo di occupazione al fine di dar comunque voce e senso, includere oltre la parola e il senso, chiunque fino ad ora sia stato fuori (escluso) da ciò che è assunto come luogo dell’esistenza umana”. E nell’Aforisma N.13: “L’Arte dell’Assenza, come ogni manifestazione di tale nuovo sistema, ha la proprietà dell’inclusione: ciò significa (dato il sistema Homo sapiens s.) che ogni genere dell’espressione finora conosciuta (sia essa del campo della cosiddetta sanità ovvero della malattia fisica o mentale, persino della morte) è posto in una relazione particolare detta dell’accoppiamento idoneo. In codesta nuova espressione relazionale il contenuto e il disegno dell’espressione - data la relazione inclusa - sono trasformati nel nuovo sistema che è aperto, meno ingombrante, meno totalizzante, privo della (consueta) occupazione (potere) di vita e di morte (oltre il potere consueto di vita morte)”. Nello
stadio in-Assenza si può pensare la cura in termini
di inclusione. Secondo l’omonimo
principio,
[17]
i mediatori-catalizzatori
in-Assenza agiscono sulla realtà consueta attivando una
trama relazionale (a-relazionale) complessa: tramite accoppiamenti idonei avviano la mutazione della realtà verso una condizione più astratta
e vuota, maggiormente ricca in termini relazionali e libera da occupazione
di cosa concreta (dematerializzazione
(in-Assenza) tramite Raddoppio). La nuova organizzazione di realtà che si viene a costituire è rappresentabile, secondo un modello mutuato dalle Scienze della complessità, [18] come un particolare sistema complesso [19] autoorganizzantesi sui margini del caos, costantemente in oscillazione, aperto a più piani, a più direzioni, fluttuante nel tempo e nello spazio secondo una particolare costante dal grado 0 – sotto il valore di soglia comune d’interazione con l’oggetto realtà; costante di dematerializzazione.
L’analisi
[20]
in-Assenza come tentativo di superamento,
a livello individuale, dell’antica patologia di specie – schizofrenia della specie - espressione
in Homo s. s. della pulsione di morte (thanatos)
Della schizofrenia
e dell’assenza
Il muro della morte – oggetto-cosale
che tutto assoggetta e niente lascia trasparire – è ciò che separa
la schizofrenia dalla condizione in-assenza. Nella condizione di schizofrenia
nulla è pensabile al di fuori d’una realtà fatta oggetto concreto
e carico di morte; nella condizione d’assenza la morte cosale s’è
fatta da parte, ovvero s’è tolta di mezzo. s’è astratta
-, rilasciando il mondo del suo sterile e angoscioso procedere. Per
esistere l’oggetto mondo ha ora perso la necessità di ripetersi e
riprendersi allo specchio, copia d’oggetto cui è negato il mancare
vitale. Nella schizofrenia la realtà
è oggetto cui nulla manca e tutto è mancante: è mancante la fessurazione,
la crisi di cui la cosa concreta ha necessità assoluta onde esistere
mutata in quell’oggetto pronto a essere oggetto accolto dall’atto
pensante. (P. Ferrari, I nuovi Foglietti della scienza, 2002)
La crisi del soggetto e della sua centralità, [21] a partire dall’analisi dell’inconscio avviata da Freud all’inizio del secolo, ha attraversato tutta la storia della psicoanalisi e dei suoi contatti con la filosofia e il pensiero in senso lato, fino a Lacan, ai suoi rapporti con lo strutturalismo e l’esistenzialismo, e poi alle posizioni critiche di Deleuze e Guattari (L’Anti-edipo (…). Tutta la cultura del Novecento si può dire ne sia rimasta influenzata, data anche la concomitante affermazione di nuovi canoni estetici che, in ambito artistico, musicale, letterario sostenevano la rottura della forma e la ricerca di nuovi linguaggi, culminate nei più importanti movimenti artistici e culturali delle avanguardie. Attualmente, sotto la spinta dello sviluppo tecnologico avanzato di fine secolo, è in corso una trasformazione culturale, scientifica, economica della società che vede la formazione di un unico, comune tessuto informativo (globalizzazione). Il mutamento, [22] probabilmente più veloce di quanto sia possibile cogliere secondo le attuali modalità di conoscenza, sembrerebbe richiedere [23] nuovi paradigmi conoscitivi consoni alla sua complessità. [24] In questa direzione, la ricerca in-Assenza si occupa delle profonde modificazioni culturali e antropologiche in atto; ne esplora gli andamenti e si dispone, secondo le sue caratteristiche specifiche, ad evidenziare ulteriori vie di espressione, non ancora emerse, impegnandosi nei campi delle discipline che hanno caratterizzato il vecchio sistema occcidentale (filosofia, scienze umane, psicoanalisi, scienze della complessità, poesia, arte, musica, danza, teatro, fotografia) [25] L’asistema, grazie alle sue
proprietà di dematerializzazione
- rimaterializzazione in-assenza, potrebbe forse essere adatto
a facilitare nuove interazioni specie-specifiche ad alto livello di
complessità? L’antico legame con l’oggetto, gravato da un eccesso
di concretezza e fissità, sembra ormai obsoleto rispetto al potenziale
sviluppo delle più ricche e cangianti modalità relazionali (arelazionali)
asistemiche. L’asistema
potrebbe rappresentare il nuovo medium idoneo a una relazione che
potrebbe condurre a sviluppi interessanti anche nel senso di cura
generale. Pensiamo a una terapia applicata alle problematiche
di cui la specie Homo è portatrice, probabilmente a causa d’una inesatta
collocazione - e di conseguenza d’una non definitiva risoluzione -
relativa al corredo animale che le è intrinseco per procedura evoluzionistica.
Secondo l’ ipotesi in-assenza, la condizione che abbiamo indicato come schizofrenia di specie [26] sarebbe l’effetto di una errata relazione tra due sistemi di opposta tendenza – essi tendono a non comunicare tra loro. Uno è assai concreto, di arcaica origine animale, legato ai meccanismi biologici ripetitivi. L’altro, originato dalle nuove modalità corticali e subentrato nel corso dell’ultimo passaggio evoluzionistico, ha invece proprietà d’un sistema più evoluto. E’ perciò soggetto alle disfunzioni che i meccanismi grossolani del primo sistema tendono a indurre entro la sua struttura complessa. Il sistema somatico d’antica provenienza, a causa delle sue leggi, non è in grado di riconoscere le attività più fini del sistema corticale, opponendo resistenza a corrispondere alle nuove istanze astratte. Esso sarebbe vincolato a rispondere a un mondo d’antica concretezza - accumulando in tal modo rimasugli tralasciati e fissati in modo deleterio per l’insieme dell’attività - a causa d’un’organizzazione ormai superata, dipendente da regole che definiscono un universo subordinato alla sopravvivenza. Secondo tali considerazioni, ogni individuo della specie è partecipe di un’alterazione e di un disagio che in realtà sarebbero intrinseci alle problematiche evoluzionistiche e all’inadeguatezza delle primordiali caratteristiche di specie. La malattia (quella psichica in particolare) sarebbe di conseguenza pensabile come l’espressione a livello individuale d’un difetto di congruenza complessiva, una mancanza di nessi più astratti nella circolazione dei processi pensanti e delle energie somatopsichiche comuni a tutta la specie. L’analisi orientata secondo le proprietà dell’asistema (analisi in-assenza) tenderà a facilitare l’accoppiamento con questo, secondo la modalità per cui - sul piano individuale come a livello sovraindividuale (in-Assenza: asistemico) – diciamo che ogni attività di cura attua un Raddoppio tendente a indurre nel sistema noto di realtà - e oltre a questo - l’immissione di un ulteriore asistema e del dominio in-Assenza a questo corrispondente. Si cercherà di affinare il campo psicologico (e quello a-psicologico) [27] in modo che per successive microcessazioni (consce e inconsce), nell’arco di più anni e di molte sedute, il piano profondo inizi a rispondere privilegiando l’attività in-Assenza. Secondo la nostra ipotesi, i meccanismi e le fantasie inconsci - antica traccia compulsiva (coazione a ripetere) della malattia - trovandosi all’interno di un sistema che acquisisca maggiori ricchezza e complessità (v. Principio di Inclusione), tenderanno a perdere di significato rispetto all’intero. Si tratterà di incrementare la complessità del sistema riducendo, almeno parzialmente, la coazione - ovvero la spinta pulsionale ripetitiva - volta a conservare il legame totalizzante (primario) con l’oggetto-cosa concreta – l’oggetto inteso nella sua valenza reale ma soprattutto in quella simbolica: il seno, la madre, il pene (fallo) etc. Nel dominio in-assenza ipotizziamo che ogni qual volta si verifichi all’interno del sistema una riduzione dell’ingombro causato dall’eccesso di cosa concreta, il sistema (asistema) tenda ad autoorganizzarsi secondo una diversa configurazione. E’ probabile che ad ogni cessazione di un sintomo (equivalente all’interruzione di una ripetizione inconscia) si dia la possibilità di una nuova microorganizzazione del sistema su un piano più vuoto e libero. Diciamo che esso cambia di livello: essendosi verificato un decremento della pulsione di morte, l’equilibrio asistemico si sposta nella direzione di una maggior sanità.
L’attività
in-assenza e le nuove proprietà affettivo-relazionali
Dell’oggetto affettivo e del (suo)
morire
Ogni oggetto del mondo, con
la nascita d’una mente pensante, deve cedere un pezzo di sé. Esso
deve divenire meno concreto – d’una sua concretezza (ideale) generale
-, e cioè deve diventare oggetto
mancante o oggetto mancato. Oggetto che assume la
proprietà d’essere (più) assente, di cessare, di morire (entrando
nel tempo). Qualora l’oggetto del mondo
– così divenuto – perdesse questa sua peculiarità, la mente cesserebbe
d’esistere – essendosi fatta cosa concreta e inanimata. La patologia schizofrenica implica
che l’oggetto del mondo, privo del mancare peculiare, si fissi nella
sua globalità concreta; in seguito a ciò la mente che lo pensa è priva
del suo (parziale) esser meno – essere luogo del mancare, ovvero non
essere. In questo s’irrigidisce, si ammala e muore: con esso il soggetto
pensante-affettivo cessa d’esser tale. (P. Ferrari, I nuovi Foglietti della scienza, 2002)
Consideriamo in generale la malattia psicologica come una condizione in cui uno stato di alterazione tende a ingombrare occupando in modo inadeguato il sistema somatopsichico riducendo o disturbando consistentemente le capacità relazionali, affettive e intellettive del soggetto. Secondo il modello metapsicologico freudiano, un eccesso di energia pulsionale libera sarebbe connaturato a modalità primitive di funzionamento dell’apparato psichico - i processi primari predominanti nelle gravi patologie - che agirebbero a scapito dell’affermazione dei processi secondari [28] e del principio di realtà. La predominanza a livello pulsionale del principio di piacere corrisponde alla tendenza dell’apparato psichico all’annullamento di ogni tensione (eccitazione) in funzione del ritorno a uno stato di quiete che fu proprio dello stadio inorganico primordiale. Ci è noto come, secondo il modo di funzionamento del processo primario, la spinta a raggiungere la meta pulsionale abbia la caratteristica di non poter essere differita e imponga all’apparato psichico la necessità di un immediato soddisfacimento. Secondo il punto di osservazione asistemico in-assenza, assumendo la condizione di malattia come specie-specifica, [29] ipotizziamo la persistenza in H.s.s. - entro la sua attività pensante - di un sistema primitivo (non ancora sufficientemente evoluto), di cui la patologia psichica sarebbe la manifestazione a livello individuale. Supponiamo che la cosa, sovrainvestita dalle energie pulsionali, tenda ad essere recepita secondo modalità analoghe a quelle puramente istintuali - in modo non così dissimile da quanto avviene nell’animale - senza le complesse mediazioni che sarebbero invece attuabili dal sistema nervoso superiore umano e, in generale, dall’attività pensante. La realtà, così percepita, risulterebbe greve e troppo concreta rispetto alla finezza di modulazione e ai complessi equilibri del sistema somatopsichico umano; il legame con l’oggetto totalizzante e tanto privo di distacco da determinare un’alterazione a carico delle funzioni nervose superiori. E’molto probabile che in Homo sapiens s. il pensiero compulsivo della cosa e la sovrastimolazione del piano sensoriale-percettivo (di antica origine animale) tendano a impoverire e fissare l’attività pensante. Secondo gli assunti in-assenza, si ritiene che la cosa occupi (ingombrando) il sistema psicobiologico umano, a scapito delle attività specie-specifiche proprie di Homo s. s., le attività nervose superiori (in-assenza). Tale condizione è descrivibile come un eccesso (reificante) di cosa concreta, manifestazione della pulsione di morte (thànatos). In tale prospettiva la malattia sarebbe assimilabile a uno stato di morte (mors concreta) -in vita, facente parte di un equilibrio vita-morte in cui la morte e la vita – essendo questa satura di processi di morte - si corrisponderebbero senza particolari differenze. L’eccesso di thanatos, evidente attraverso i sintomi che insorgono quali segnali di disagio a limitare la normale vita quotidiana, agisce principalmente a livello profondo (inconscio) in particolar modo a scapito dell’attività in-assenza e delle nuove proprietà affettivo-relazionali a questa correlate. Secondo quanto scrive Paolo Ferrari nell’Aforisma N.18: “Il decremento di morte concreta (=vita concreta) permette al nuovo stadio Homo d’avere a disposizione una certa potenzialità di pensiero (d’attività pensante). Se la morte concreta (mors animalis) non decresce, Homo si trova ad essere in vita impossibilitato a cogliere la propria e l’altrui realtà, privo dell’idoneità all’astrazione, e perciò privo dell’accesso allo stadio simbolico; [30] a causa di questo esso s’ammala (e muore)”. [31] L’analisi in-Assenza tende in primo luogo ad incentivare l’attività pensante del paziente e la complessità delle sue relazioni, a partire da quella terapeutica. Anche nelle situazioni più gravi, come nelle forme psicotiche e nella schizofrenia, si cercherà di incrementare la ricchezza affettiva, relazionale e razionale del sistema terapeuta-paziente. Se si farà in modo di rendere meno povero il mondo interno del paziente, se le sue strutture profonde saranno meno rigide e fisse, questi diverrà capace di tollerare gradi maggiori di incertezza. Sarà più libero di lasciare qualche interstizio vuoto (non occupato da cosa) tra sé e la realtà invece che dover forzatamente riempire, fissare e concretizzare all’eccesso qualsiasi rapporto, o lembo di realtà esperita. Il sistema avrà l’opportunità di avvicinarsi a una condizione di equilibrio instabile, iniziando a poter oscillare [32] (in-assenza) – secondo le proprietà asistemiche mutuate dai sistemi complessi -. Per ogni elemento a maggior complessità acquisito, il sistema nella sua totalità tenderà ad essere più astratto [33] e vuoto rispetto alla condizione precedente. La relazione terapeutica potrà acquisire distacco [34] e affettività (in-assenza), essendo aperta a sentimenti astratti di nuovo genere nella misura in cui entrambi i componenti la relazione sapranno divenire capaci, almeno per brevi tratti, del mancare di sé - l’essere da sé diverso – quale premessa al nulla -in-assenza - catalizzatore di sanità. Il distacco (in-assenza) e la cura
I primi processi di astrazione del bambino - iniziali tratti di distacco rispetto a una presenza totalizzante dell’oggetto concreto - sono fondamentali per l’ apprendimento e la simbolizzazione (linguaggio verbale, disegno, scrittura, lettura) e, in generale, per lo sviluppo psicoaffettivo. Analogamente, nel corso dell’analisi in-Assenza saranno significativi per la formazione della mente tutti i processi di astrazione riguardanti la situazione terapeutica: ad esempio la capacità di pensare l’esistenza di una continuità tra le sedute, o la facoltà di considerare l’analisi sia in modo diacronico - ciascuna seduta come unità di senso a sé stante, ogni volta finita -– sia in modo sincronico – l’insieme delle sedute come entità complessa. La relazione terapeutica tenderà a promuovere la risposta di uno specifico piano affettivo-relazionale (in - assenza), capace di distacco [35] e della corrispondente possibilità di pensare un nuovo tipo di oggetto reale, di cui l’analisi sarà l’antecedente come un primo oggetto reale astratto (in-assenza). In questa direzione potrà agire anche la strutturazione del setting - orario, durata e pagamento delle sedute. Non soltanto le regole relative a tale organizzazione avranno una funzione normativa - connessa all’affermazione del principio di realtà su quello di piacere - ma l’esistenza di vincoli da osservare costituirà una pre-condizione utile all’elaborazione di ulteriori processi di astrazione (in-mancanza). La scansione temporale delle sedute - stabilita in anticipo, costante e relativamente indipendente da possibili diverse esigenze del paziente -, favorirà la capacità di rimandare (differire) il soddisfacimento immediato dei bisogni, facoltà questa che per Freud corrisponde all’avvio dei processi secondari fondanti il principio di realtà. [36] Inoltre, il mancato soddisfacimento di un bisogno, o frustrazione – allorchè nel neonato il “presentimento del seno” entra in rapporto con “l’indisponibilità di un seno gratificante” e si produce la percezione di “un’assenza di seno dentro di sé” o “non seno” - è quanto secondo Bion costituisce la matrice del pensiero. [37] Insieme alla funzione alfa [38] la capacità di sopportare la frustrazione contribuisce a formare la facoltà di pensare. La possibilità di aspettare richiede infatti la sospensione del soddisfacimento di una spinta pulsionale producendo un primo tratto di distacco (secondo l’ipotesi in-assenza, una maggiore capacità di astrazione) dalle proprie esigenze immediate e, in senso lato, da sé. Sul piano affettivo-relazionale, l’attività terapeutica in-assenza tenderà a indurre la massima
capacità di distacco entro una relazione ad alta complessità emozionale
e affettiva. La relazione terapeutica riprende ed elabora sui piani
profondi il distacco prodottosi alla nascita tra madre e figlio con
il taglio del cordone ombelicale e la conseguente nuova indipendenza
funzionale dei due sistemi (psico-fisici) della madre e del bambino,
in modo tale che sia possibile assumerne profondamente le conseguenze
psicologiche e affettive. La capacità di distacco, funzione della
compiuta separazione dalla madre e dell’assunzione della propria autonomia,
costituisce la premessa per la maturazione del sistema psico-affettivo
e per lo sviluppo delle capacità relazionali. La relazione con l’altro
diviene infatti realmente possible solo quando - elaborate l’inevitabile
separazione e la perdita dell’antico legame primario con la madre
- sia data la possibilità di relazione con chi, anziché uguale e speculare,
come nel rapporto simbiotico con la madre, sia invece dis-simile,
altro da sé.
[39]
L’attività terapeutica in-assenza valorizzerà la capacità di distacco - e le corrispondenti facoltà emozionali – come fattori di arricchimento e di aumento di complessità della relazione. La qualità affettiva (in-assenza) sarà funzione della facoltà di entrambi i componenti la relazione di imparare a cessare, ovvero di elaborare e di assumere la fine – di ciscun atto della seduta, di ogni seduta, della relazione terapeutica e di sé - in ogni momento e per tutta la durata della terapia. La relazione terapeutica complessa
e assente
Nel corso del lavoro terapeutico diversi eventi (microcessazioni consce e inconsce di sintomi, coazioni, habitus mentali - come diremo più avanti) hanno il significato di indurre una mancanza, un venir meno, un minus dato il quale il sistema tende a riorganizzarsi (autoorganizzarsi) mutando di livello nella direzione di un aumento della sua complessità globale. L’avvio e l’iniziale strutturazione della relazione terapeutica sono la premessa per ulteriori interazioni a maggior complessità - consce e inconsce - che durante la terapia formeranno una trama arelazionale in-assenza, volta a catalizzare il cambio di livello del sistema e l’inclusione(astratta assente) dei nuclei patologici in un sistema a maggior sanità. Scrive Paolo Ferrari: [40] “Tutti i sistemi viventi producono saturazione; essi stessi sono, per un verso, costretti alla saturazione (nella relazione passiva, non assente, con gli altri sistemi). Se i sistemi viventi e pensanti fossero nella condizione di una relazione complessa e assente con gli altri sistemi, non subirebbero la sorte della saturazione, e perciò della morte (per saturazione). Con la perdita di complessità è implicito l’aumento di saturazione”. E ancora: [41] “Cos’è guarire? Guarire è fare meno saturo il sistema. Un sistema è saturo quando più elementi agiscono accoppiati in modo semplice. Il modo semplice dell’accoppiamento è l’accoppiamento in cui ciascun termine della coppia nell’accoppiarsi non mantiene l’identità originaria. L’accoppiamento nel modo semplice (saturo) produce ‘sostanza di morte’. La sostanza di morte è la sostanza che sta nell’anti-Assenza, in opposizione all’Assenza. E’ la faccia evidente delle cose. Possiamo dire la faccia evidente, l’essere apparente, pure quello essenziale, di uomini e cose, è frutto di accoppiamento nel modo semplice. (L’evidenza, l’essere al mondo hanno provocato la morte). Ogni sistema al mondo è sistema che tende alla saturazione... E’ da dire: la cosa è saturazione; il mondo è saturazione. La sostanza, la materia è fatta di saturazione. Quando la materia raggiunge il suo grado di saturazione, occupa cioè tutto il suo spazio ed è del tutto esposta ovvero evidente, la cosa, l’essere vivente, muoiono”. L’analisi in-assenza come catalizzatore di sanità: Homo sapiens s. apprende
a cessare
In accordo con le proprietà dell’asistema in-Assenza, il lavoro terapeutico tenderà a indurre cessazioni idonee – secondo quanto sopra esposto - a rendere il sistema più assente e vuoto e maggiormente complesso. Consideriamo il sintomo quale espressione di una coazione (coazione a ripetere) legata a tendenze conservatrici che agiscono sotto la spinta della pulsione di morte. Secondo l’ipotesi in-assenza, un sintomo sarebbe significativo soprattutto per la sua (possibile) cessazione. Questa potrebbe comportare una parziale (e temporanea) sospensione della coazione a ripetere, favorendo la riorganizzazione dell’intero sistema su un piano più libero dall’ingombro-occupazione di cosa concreta, dotato di maggiori astrazione e complessità (acomplessità), equivalenti in-Assenza a un ulteriore grado di sanità. Con il termine astrazione [42] si vuole evidenziare la facoltà del pensiero di indurre- attraverso le attività di simbolizzazione e concettualizzazione - la formazione di una distanza rispetto alla cosa. Grazie a tale distanza la cosa è colta diversamente da come sarebbe percepita dal mero sistema sensoriale-percettivo. Viene esperita entro un differente sistema relazionale in cui si è prodotto un decremento di forza delle spinte iterative di natura inconscia (pulsioni) tendenti a raggiungere l’oggetto. Una volta allentati i vincoli con l’antica organizzazione pulsionale, è posta la premessa (o pre-condizione) perché siano possibili nuove relazioni-interazioni a minor grado di fissità (coazione) rispetto a quelle note in precedenza: le chiamiamo asistemiche. Esse non seguono leggi di causa-effetto, bensì si autorganizzano come astruttura a rete complessa, aperta su più piani e a più direzioni, attraversata da una costante di grado zero corrispondente al nulla astratto e vuoto con cui l’asistema è accoppiato in-Assenza. Ogni seduta di analisi in-Assenza è luogo-contenitore( astratto) appositamente strutturato al fine dell’immissione nella realtà dello specifico fattore a (assente) [43] atto a modificare gli equilibri del sistema paziente-terapeuta – secondo l’ipotesi anche quelli del sistema realtà tout court - nella direzione (asistemica) in-Assenza. La relazione terapeutica funge da catalizzatore al fine di produrre, ad ogni seduta e nell’insieme delle sedute, un accoppiamento - il più possibile astratto e vuoto, complesso in-Assenza (avendo assunto al suo interno il mancare di nuovo genere) - tra il sistema realtà del paziente e il livello asistemico di cui il terapeuta è mediatore. Una tale mediazione richiede che la relazione terapeutica sia relazione per distacco, essendo la terapia dell’assenza - secondo quanto scrive Paolo Ferrari [44] - quell’insieme nel quale il rapporto reciproco si forma simultaneo in-assenza, ad ogni istante non uguale (a sé) e complesso, privo del legame consueto. E’ sottratto (ab-trahere) un legame di tipo precedente già noto: il sistema si riorganizza attorno a un punto vuoto, mancante nel mezzo,(assente), esso stesso sistema facendosi maggiormente astratto e vuoto, avendo assunto la mancanza connaturata alla nuova a-relazione complessa in-Assenza. Nel corso dell’analisi, attraverso l’elaborazione della fine - la perdita - dei legami primari di dipendenza, si instaura una nuova capacità di prescindere da eventuali (supposte) aspettative dell’altro. Si segue la formazione di una modalità di rapporto non consensuale, per cui funge da catalizzatore il centro vuoto e mancante dell’arelazione in-Assenza: [45] l’analisi tenderà a far sì che ciascuno dei due componenti la relazione si predisponga a rapportarsi con la differenza (in-differenza) da sé e dall’altro. Scrive Paolo Ferrari: [46] “... la terapia ha come fine, come suo risultato, come stato principale, il distacco, intendendo con questo concetto una relazione, l’antirelazione tra le cose e tra persone, per la quale vige la cessazione del legame. Tutte le cose, tutti gli uomini stanno nella relazione reciproca per cessazione di un alcunché, non a causa della presenza di questo. C’è assenza tra persona e persona, tra cosa e cosa, nel sistema universo delle persone e delle cose ...”. Nell’analisi in-Assenza ciò che conta è l’azione sul profondo, l’accoppiamento che ivi deve prodursi tra il sistema paziente-terapeuta e l’asistema: la variazione degli equilibri del sistema secondo le proprietà asistemiche tenderà a modificare anche il rapporto soggetto-realtà – secondo il Principio di Inclusione [47] – con l’emergenza di un’interazione di nuovo genere: dematerializzante-rimaterializzante in-Assenza. [48] A tal fine occorre come premessa che il sistema psicologico sia stato lungamente preparato alla piena assunzione del pricipio di realtà come proprio fondamento e alla formazione di un pensare cosciente non incline – o il meno possible - alla sottrazione di sè. Come ha scritto P. Ferrari in esergo a Le lezioni dell’Assenza, “l’attività pensante di Homo sapiens sapiens appare dimezzata perchè alla fase di apprendimento e di memorizzazione segue l’oblio pari a un nulla oscuro, assai alieno per ora dall’essere propizio a un pensare cosciente”. Occorrerà che il sistema abbia profondamente accettato di mutare perchè possa tentare di abbandonare le tracce di antica coazione, disponendosi a nuovi accoppiamenti-(a)relazioni in-Assenza. Questi potranno avvenire nella misura in cui sia maturata la nuova disposizione assente: dove c’erano i legami inconsci precedenti si sia prodotto un distacco tale per cui il sistema, non più da questi totalmente ingombrato e vincolato, inizi ad essere (almeno parzialmente) libero e in grado di seguire, cioè aver metodo (secondo l’etimologia di metodo: andar dietro per ricercare).
Assunzione di realtà e distacco
L’accettazione del principio di realtà a scapito del soddisfacimento immediato - ciò che Freud aveva individuato come nodo centrale dello sviluppo dell’Io e della civiltà (Freud: Al di là del principio del piacere (1920); Il disagio della civiltà (1929) - viene recepito nel dominio in-Assenza come pre-condizione necessaria affinché la specie sviluppi appieno le sue facoltà intellettive e affettive e, in particolare, l’attività pensante che le è caratteristica. Perché emergano le proprietà specifiche dell’asistema, oltre al superamento del primitivo attaccamento alla cosa determinato dalle spinte pulsionali (principio di piacere) – sarà necessaria l’elaborazione di ulteriori perdite, sottrazioni atte a modificare in modo sostanziale il rapporto-interazione con la realtà, liberandolo dalle tracce di precedenti modalità di antica origine. L’ipotesi è che la realtà, si mostri - sia esperita e costruita (-decostruita) - maggiormente aperta e libera, avendo incluso come fondamento il nulla astratto e vuoto di nuovo genere. “La difficoltà di codesta terapia è che essa richiede la sottomissione a tutta intera la realtà e (ne è la conseguenza) il perfetto distacco da quella.” [49] In-Assenza l’assunzione di realtà funge da mediatore perchè si dia l’acquisizione della proprietà del distacco: questa permette che il pensiero “non occupi lo spazio principale con la rappresentazione di sé - e in quel vuoto, fattosi vuoto con un sol atto, sappia nascere niente - che è la sua sanità”. [50] Se in psichiatria il rapporto con la realtà – la sua presenza e la sua conservazione o meno in uno stato di alterazione - è uno dei criteri con cui si valuta la condizione di salute o malattia; se in psicoterapia “un buon rapporto con la realtàè uno degli obbiettivi del lavoro terapeutico; se per la psicoanalisi il principio di realtà è il principio attorno a cui si struttura l’io adulto, in-Assenza il rapporto con la realtà è precondizione necessaria affinchè la realtà sia assunta nella condizione asistemica attraverso il metodo del Raddoppio(dematerializzante-rimaterializzante) in-Assenza. Si può dire che realtà si produca in-accoppiamento con l’ asistema e, simultaneamente, che occorra realtà perché vi sia accoppiamento. Vale a dire: il rapporto è speculare nella differenza, in-Assenza e in-realtà essendo due entità che si raddoppiano e si generano reciprocamente. La nuova condizione arelazionale [51] è aperta al riconoscimento di ogni alterità, avendo appreso la minor difesa quale fattore determinante ai fini del lavoro terapeutico e dell’assunzione di realtà cui questo è vincolato.
La cura in-assenza e i nuovi modelli etici
In-Assenza la terapia ha come oggetto il campo psicologico solo sul piano dell’evidenza: in realtà essa è orientata alla maturazione di un livello asistemico arelazionale (in-assenza) che comprende il piano psicologico ed è tuttavia di maggiore complessità e astrazione rispetto a questo. La cura tramite l’analisi in-assenza, secondo il modello asistemico, favorisce l’emergenza di nuove organizzazioni di senso, strutture (astrutture) complesse in grado di tollerare gradi elevati di instabilità. Quali sistemi complessi di nuovo genere (asistemi acomplessi) in-oscillazione sui margini del caos, le nuove entità asistemiche tenderanno a non escludere elementi di disordine e di contraddizione. L’analisi in-assenza, per nulla incline a fornire interpretazioni secondo nessi causali semplici (di tipo causa-effetto), sarà volta a formare l’attitudine alla lettura complessa e asistemica, a più piani e a più stratificazioni in-assenza, di sé e della realtà. Integrando ciò che è altro o differente, la terapia non tende a normalizzare (reprimere) tout-court sintomi o comportamenti, secondo un prestabilito modello di normalità. Ha invece come obbiettivo il cambio di livello del sistema(-paziente), cioè la sua sanità attraverso una variazione qualitativa in direzione del maggior grado possibile di distacco, insieme con l’espressione della massima complessità. Si tratta di un distacco che, avviatosi alla nascita con la prima separazione del bambino dalla madre, [52] si compie successivamente, attraverso numerose rielaborazioni, fino alla cessazione dell’attaccamento alla propria immagine di sé, alla propria identità, ma anche alla realtà tout-court, quale sistema già dato e separato dal soggetto. Nella nuova interazione-attività che si viene a costituire – secondo quanto espresso dal principio di inclusione [53] - il soggetto (non più ‘soggetto’ ma apersona in-Assenza) [54] si predispone ad essere attore-costruttore di realtà, generatore in-Assenza di nuovi stadi di realtà caratterizzati da un parametro costante - costante in-A - che è pari al grado zero o grado (pari a) nulla in-Assenza (in-differenza da sé) incline a dematerializzare-dematerializzarsi (prodursi in-differenza). [55] Secondo i nuovi modelli etici in-Assenza, il rapporto che si verrebbe a costituire tra soggetto e oggetto avrebbe carattere di reciprocità nella differenza (in-differenza) tendente alla non-conservazione e alla trasformazione di entrambi i componenti la relazione. Il soggetto (a-persona) relazionandosi con l’oggetto concreto nel processo di dematerializzazione-rimaterializzazione in-assenza, ne verrebbe a sua volta modificato nelle proprie modalità di percezione e di elaborazione della realtà. La mente (e il corpo) avranno la tendenza a recepire ed elaborare l’oggetto in un particolare stato: esso sarà colto, pensato e vissuto nella differenza da sé (in-differenza astratta). L’oggetto sarà esperito ed elaborato non come ente materiale da astrarre in un momento successivo, ma come ente già simultaneamente astratto (tratto da sé): oggetto vuoto (privo d’ingombro e ricco di alta conduttività), strettamente relazionato con il pensiero che lo pensa, alla cui base (in-divenire ulteriore) sta la costante in-A. [56] In relazione alla nuova condizione di sanità in-Assenza (e al cambio di livello sistemico che questa richiede e che noi abbiamo posto al centro dell’intero progetto terapeutico), ci interessa rilevare come Homo sapiens nella sua condizione evolutiva verso Homo Abstractus [57] mostri una propensione verso i nuovi processi che abbiamo chiamato etici (in-Assenza). Questi tendono a coinvolgere il soggetto in una particolare reciprocità terapeutica con la realtà come costruttore-generatore di spazio-tempo terapeutico in-Assenza e al tempo stesso fruitore di tale nuova generazione. I soggetti in tale condizione saranno pertanto soggetti in-trasformazione (ulteriore): soggetti pronti, data la nuova condizione somatomentale cui appartengono - secondo la trasformazione —› Homo abstractus -, a veicolare l’intera quantità di informazioni, a più direzioni, a più foci, quali in parte sono già quelle della odierna fase mentale-tecnologica, in uno spazio-tempo vieppiù complesso che coordina il sistema —> asistema, liberando l’oggetto-cosa-mondo dalla sua identificazione reiterativa che è vincolata alla fissità speculare di sé (l’oggetto diviene equivalente al nulla astratto). [58]
APPENDICE
Alcuni cenni
circa il concetto di malattia e il tema della sanità e della qualità
della vita in-assenza.
Il termine malattia mentale ha origine col positivismo, come conseguenza della
separazione illuministica prodottasi tra ragione e sragione da cui
ebbe inizio la psichiatria. Nell’ultimo secolo, mentre la nascita
della psicoanalisi ha dato l’avvio all’esplorazione dell’inconscio,
lo sviluppo delle neuroscienze, della biochimica molecolare del sistema
nervoso e della neuropsicofarmacologia, prodottosi in seguito al progresso
delle nuove tecnologie, ha permesso l’acquisizione di conoscenze sempre
più dettagliate circa la struttura e il funzionamento del cervello.
Negli ultimi decenni sono stati ripensati il senso (e l’esistenza)
della malattia mentale in relazione alla struttura della società,
al contesto socio-politico e alle logiche di potere. Pensatori quali
Foucault e Basaglia hanno contribuito con la loro opera a un dibattito
culturale e politico che ha posto le basi per il ripensamento critico
e l’ulteriore evoluzione, sul piano teorico come su quello politico-sociale,
del concetto di malattia mentale e della realtà clinica e socioeconomica
corrispondente. Secondo Foucault la malattia esiste unicamente come
entità filosofico-discorsiva, all’interno di un determinato ‘discorso’
che la produce (M.Foucault, Nascita
della clinica (1969) e
Storia della follia nell’età classica (1976).
In Malattia mentale e psicologia
(1997) egli ha scritto che il termine ‘malattia mentale’ nasce con
il positivismo, da un’esclusione: nello “sguardo che esclude” la follia
identificandola con la malattia (psicologica) si perde quella condizione
per cui in precedenza la natura era stata “in rapporto costitutivo
e originario” con la follia. Il termine malattia mentale per Foucault
non indica altro che “la follia alienata in quella psicologia che
la follia stessa ha reso possibile ... uno sguardo che si costituisce
grazie all’esclusione della follia”. Per Foucault, l’oblio psicologico
della follia è totale, come è totale la riduzione dell’uomo a Homo
Psicologicus, oggetto di un sapere autoreferenziale; la scomparsa
di quella alterità folle
(v. etimologia da Foucault) che trapelava ancora fino alla metà del
secolo scorso (Foucault, Storia
della follia (1976) e
attraverso la quale l’uomo era ancora in grado di mantenere uno sguardo
su quella dimensione negativa che ne fondava la libertà, è ora definitiva. L’uomo
del nostro secolo si trova perciò a vivere, in virtù di un sapere
positivo incapace di guardare la follia, separato
dall’essenza della propria libertà. L’esclusione preliminare e anticipata
della follia porta con sé non solo l’impossibilità per la psicologia
di dominare la follia stessa, ma anche il peso della sua rimozione.
Foucault sostiene che se si spingesse fino alle proprie radici, la
psicologia della follia non raggiungerebbe il controllo della malattia
mentale, e quindi la possibilità di eliminarla, ma la distruzione
della psicologia stessa: riporterebbe alla luce il rapporto essenziale,
“non psicologico perchè irriducibile alla morale” tra ragione e sragione.
Secondo Basaglia la malattia si costruisce e si esprime sempre a immagine
delle misure che si adottano per affrontarla (F.Basaglia, Ideologia e pratica in tema di salute mentale,
in: Scritti (1982), vol.II).
Inoltre egli pensava che l’istituzione manicomiale avesse una sua
ben esplicita “funzione politico-sociale nel controllo delle marginalità
appartenenti alla classe subalterna”. In particolare, Basaglia evidenziò
la contraddizione cura-custodia implicita nel sistema manicomiale
e ne l’Istituzione negata (1968) esplicitò la crisi ormai in atto nella
psichiatria come ‘istituzione’ e come ‘sapere’. “In un medesimo atto
di denuncia vennero coinvolti, nelle loro reciproche connessioni,
da un lato lo spazio concreto dell’internamento del malato di mente,
dall’altro la funzione di un sapere astratto che, pur costruito sul
modello di terapie mediche, fin dalle sue origini era intimamente
legato al compromesso con i problemi dell’ordine pubblico e del controlo
della devianza”.(F.Basaglia, Il circuito del controllo, in: Scritti
(1982), vol. II). Egli si occupò in modo particolare del significato
politico del lavoro psichiatrico e del “mandato sociale del tecnico”,
svelando quest’ultimo come “atto di separazione e di sequestro di
problemi e conflitti sociali”. Sostenne “la presa di coscienza della
non obbiettività del sapere scientifico” denunciandone “la complicità
con l’ideologia dominante”. Fu a partire da questo intreccio, “binomio
inscindibile tra sapere e potere”, che si potè affermare la politicità diretta del lavoro nell’istituzione
non solo come denuncia ma come “pratica di apertura di nuove aree
del conflitto”. Scrive Basaglia: “La psichiatria critica dei propri
strumenti e del loro uso divenne critica della psichiatria stessa
e tentativo pratico di rompere con la sua funzione all’interno del
gioco sociale”. E ancora: “La distruzione dell’ospedale psichiatrico
venne allora a rappresentare la rottura del cuore stesso del meccanismo
con cui nel mondo della salute si fabbrica la diversità come ‘inferiorità’
e si preformano le risposte per invalidarne l’esistenza. Da qui la
scelta di una pratica fondata
fin dall’inizio sulla rottura di tutti i meccanismi istituzionali
che potevano continuare a riprodurre la separazione e il sequestro
della vita sociale di chi veniva a contatto con l’istituzione, fosse
già internato o nuovo utente. Obbiettivo prioritario dei primi atti
della trasformazione istituzionale divenne la ricostruzione della
persona e della sua identità sociale: spezzare tutte le norme che
regolamentavano la dipendenza personale dell’internato; ricostruire
concretamente la sua identità di persona giuridica; recuperare le
risorse economiche indispensabili a una sua collocazione nel circuito
degli scambi sociali; porre le basi, irreversibili, del suo essere
membro del corpo sociale.
In altre parole, sostituire
al rapporto di tutela un rapporto di contratto” (F.Basaglia, Il circuito del controllo, in: Scritti
(1982), vol. II). L’inizio della ricerca circa il nuovo campo esperienziale e conoscitivo successivamente
identificato come dominio in-Assenza
si può ricondurre all’associazione Centro
Studi e Ricerche in Psicologia
clinica - Psicoterapia di Attivazione - fondata a Milano nel 1973.
L’iniziale progetto di ricerca aveva per oggetto la schizofrenia intesa come
modello di cambiamento della società e
del singolo individuo. Sul piano clinico, si ipotizzava che fosse
possibile portare all’estremo e in profondità la disgregazione (schizofrenia) di un sistema e, attraverso il vissuto della nascita
- opportunamente guidato dal terapeuta secondo un nuovo procedimento
teorico-clinico, denominato attivazione
- utilizzarla quale motore di trasformazione (attivazione) del sistema, atto a produrre l’uscita da sé (e dalla
iniziale condizione di malattia). In particolare, il procedimento
di attivazione consentiva, attraverso il vissuto
profondo della disgregazione
attiva, nell’unità cosciente di sé con sé e con tutta la realtà, il
superamento dei processi di frammentazione equivalenti a morte schizofrenica (in-assenza: mors concreta equivalente a thanatos)
presenti – secondo l’ipotesi - in ogni patologia e connessi - come
diremmo oggi nel dominio in-assenza
- alla malattia di specie. Da questo punto di vista, l’entità clinica
chiamata schizofrenia è pensabile come condizione in cui la malattia della specie ha perso le consuete compensazioni. Riteniamo
che nella schizofrenia si renda evidente lo stato di mors concreta - l’ingombro indotto da thanatos - tuttora presente
in Homo s., a causa dei vincoli non ancora risolti con l’animale
da cui proviene e del quale conserva le antiche modalità pulsionali.
Ci sembra attualmente che l’attività di cura debba tendere una modificazione
entro l’ equilibrio vita-morte
che ha finora caratterizzato la specie. Secondo la nostra ipotesi
uno spostamento in-assenza di tale equilibrio equivarrebbe
a un decremento di mors concreta, condizione che rappresenta
per Homo sapiens una maggior
sanitàNel dominio in-assenza
si è operato uno spostamento, decentrato il soggetto il quale
si trova coinvolto in una condizione di malattia considerata non più
come accidente individuale bensì come caratteristica specie-specifica.
La nozione di sanità in-assenza emerge, all’interno dell’attuale processo di globalizzazione
- smaterializzazione della realtà, quale nuova condizione del vivere
e del pensare di Homo s., meno povera e fissa rispetto alla precedente,
maggiormente idonea all’astrazione
e all’accoppiamento complesso (e assente) con un sistema realtà
in via di trasformazione. Dati anche i continui processi di costruzione
e decostruzione - dematerializzazione
e rimaterializzazione - indotti (così come descritto in recenti
modelli etico-estetico-scientifici da Paolo Ferrari nei Seminari sull’Assenza
[59]
dall’asistema
in-Assenza nella realtà, questa si fa cangiante, non più vincolata
a punti di riferimento precostituiti, aperta a più foci
e a più direzioni. In-assenza
la malattia è asistemica e
di specie. Perciò, se ancora parliamo di psiche, mente, inconscio,
e, più in generale, utilizziamo termini e concetti di provenienza
psicopatologica, psicodinamica o psicoanalitica nell’ambito dell’attività
di analisi in-assenza diretta al singolo individuo,
tuttavia consideriamo il livello individuale come parziale e contingente.
Abbiamo presente come la condizione di malattia origini altrove, anche
al di là delle vicende storiche dei singoli soggetti, sovradeterminata
dale caratteristiche della specie e probabilmente plurideterminata
secondo la complessità dell’asistema.
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-
ed. Skira, Milano, 1998. P. Ferrari - IV Saggio sull’Assenza. Alle soglie del 2000
il progetto radicale scienza (dell’evoluzione), musica e fattore assenza
in Zeta News Rivista internazionale di poesia e ricerca - anno
XVII N. 41/42 - ed. Campanotto, Pasian di Prato (UD), 1996. P. Ferrari - La post-evoluzione: Homo Abstractus, in
Zeta News, Rivista internaz. di poesia e ricerche, anno XVII N. 39/40,
ed. Campanotto, Pasian di Prato (UD), 1996. P. Ferrari, Progetto di città (del III Millennio) in-Raddoppio
assente: dematerializzazioni e rimaterializzazioni in-Assenza
e La città in-Assenza. Lo stato
vuoto (germinativo) in-Assenza, quale utopia (etica) realizzata,
in pubblicazione ObarraO, Milano, 2003. P. Ferrari, Circa la scienza nuova in www.in-absence.org P. Ferrari, V. Zago, In abstracto complexu: (l’) attività della musica, Rugginenti,
Milano, 2003. M. Foucault - Storia della follia nell’età classica -
ed. Rizzoli, Mi, 1976. M. Foucault - Nascita della clinica, ed. Einaudi, To,
1969. M. Foucault - Malattia mentale e psicologia - ed. R.
Cortina, Milano, 1997. S. Freud -Al di là del principio di piacere (1920),
in Opere - Vol. IX - ed.
Boringhieri, To, 1980. S. Freud - Il disagio della civiltà (1929), in Opere - Vol. X ed. Boringhieri, To, 1980. U. Galimberti – Dizionario di psicologia, ed. UTET, To,
1992. A. Gandolfi - Formicai, imperi, cervelli. Introduzione
alla scienza della complessità - ed. Bollati Boringhieri - ed.
Casagrande - Bellinzona (CH) 1999. M. Klein -Scritti - ed. Boringhieri, To, 1978. J. Lacan - La dialettica della frustrazione da La teoria della mancanza d’oggetto in Il seminario. Libro IV. La relazione d’oggetto
- ed. Einaudi, To, 1996. R. D. Laing - Io diviso - ed. Einaudi, To, 1969. R. D. Laing - A. Esterson -Normalità e follia nella famiglia, Einaudi,
To, 1970. J. Laplanche - J. B. Pontalis
-Enciclopedia della psicoanalisi,
ed. Laterza, Bari, 1993. P. Levy - Il virtuale - ed. R. Cortina, Milano, 1997. E. Morin - Introduzione al pensiero complesso, ed.
Sperling e Kupfer, Milano, 1993. A. Riflet-Lemaire – Introduzione a Jacques Lacan, ed. Astrolabio-Ubaldini, Roma, 1972. L. Valzelli – Elementi di psicofisiologia, neuroanatomia
e neurochimica, C. G. Edizioni Medico Scientifiche, To, 1979.
[1]
Ci riferiamo in particolare alla sequenza
di eventi - solo per citarne alcuni dei più noti al mondo occidentale
- aperta l’11 settembre 2001 dal crollo delle Twin Towers di New
York, proseguita con la guerra in Afganistan, e poi con la recrudescenza
del conflitto israelo-palestinese e delle ostilità nell’area medio-orientale [2] Vedere in particolare P. Ferrari, IV Saggio sull’Assenza. Alle soglie del 2000 il progetto radicale scienza (dell’evoluzione), musica e fattore assenza in Zeta News Rivista internazionale di poesia e ricerca - anno XVII N. 41/42 - ed. Campanotto, Pasian di Prato (UD), 1966.
[3]
P. Ferrari, Progetto di città (del III Millennio) in-Raddoppio assente: dematerializzazioni
e rimaterializzazioni in-Assenza e P. Ferrari, La città in-Assenza. Lo stato vuoto (germinativo)
in-Assenza, quale utopia (etica) realizzata, entrambi in pubblicazione
ObarraO, Milano, 2003; P. Ferrari, Circa la scienza nuova in www.in-absence.org e P. Ferrari, V. Zago, In abstracto complexu: (l’) attività della musica, Rugginenti,
Milano, 2003. (cfr. pag.
7: Un sistema complesso di nuovo genere: l’Asistema
Assenza o in-Assenza)
[4]
Si veda a questo proposito il lavoro
di MacLean (1967, 1970, 1973, 1976) ripreso da Valzelli p.7 e seg.,
in Elementi di psicofisiologia, neuroanatomia
e neurochimica, C. G. Edizioni Medico Scientifiche, To, 1979.
MacLean considera il cervello umano come la risultante evolutiva
del sovrapporsi di tre componenti anatomo-strutturali fondamentali,
che ha definito con i termini di cervello rettiliano, paleomammifero
e neomammifero. Questi tre cerebrotipi, ovviamente corrispondenti
alle formazioni primitive del cervello dei rettili, alle quali si
sovrappongono, nel corso dell’evoluzione, quelle paleocorticali
dei primi mammiferi e, in seguito, la neocorteccia dei mammiferi
superiori, sono tra loro differenti sia dal punto di vista neurochimico
che da quello strutturale citoarchitettonico, mentre sono da considerarsi
come tre entità separate per ciò che riguarda l’evoluzione. Esisterebbe
pertanto il confluire in una singola struttura di tre diversi cerebrotipi
(“triune brain”, MacLean, 1970, 1973), ciascuno con il suo tipo
di intelligenza, di memoria, di senso del tempo e dello spazio,
di attività motoria e di alter funzioni. Inoltre, benchè i tre tipi
di cervello siano estesamente interconnessi e funzionalmente interdipendenti,
vi sono evidenze che ciascuno di essi, sia pure solo entro certi
limiti, sia capace di operare indipendentemente dagli altri (MacLean,
1976), favorendo l’emergenza di comportamenti disarmonici o francamente
anormali (Valzelli, 1976). (…)
La neocorteccia possiede numerose vie di connessione multipla, sia
in entrata (o afferenti) che in uscita (o efferenti), con le strutture
dei due cerebrotipi sottostanti; quello che però è peculiare del
cervello neocorticale e certamente importante, e che nell’uomo in
particolare può dare ragione di comportamenti spesso imprevedibili
e comunque “personalizzati”, è il fatto che la neocorteccia non
possiede canali di informazione diretti e suoi esclusivi con l’ambiente.
Di conseguenza, le informazioni provenienti dall’ambiente esterno e da quello
interno o viscerale, giungono alla valutazione e alla elaborazione
neocorticale dagli altri due cerebrotipi, modulate e colorate in
particolare dalla carica affettivo-emotiva loro conferita dal cervello
limbico. Nell’uomo, comunque, la neocorteccia è sede della riflessione,
del pensiero astratto, del ragionamento logico e matematico, del
conoscere, del comprendere, del sapere, delle invenzioni, dei processi
di analisi e sintesi, delle idee e della fantasia e della intuizione.] [5] V. P.Ferrari, II Lettera-saggio sull’Assenza: il distacco (l’oggetto astratto), la mente e la cura e III Saggio sull’Assenza: un approccio non noto alla differenza dal ciclo di vita e di morte consueto in: P.F., Le Lezioni dell’Assenza. Le vie (assenti) del nuovo pensare, ed. Campanotto, Pasian di Prato (UD), 1994.
[6]
V. nota 1.
[7]
Astrarre inteso come ‘trarre da’ (ab-trahere),
e, per estensione “rendere più assente e vuoto, meno occupato
da cosa”.
[8]
V. P.Ferrari, Seminari ‘97-’98: Il Sistema sui margini dell’Assenza (A-sistema in Assenza):
Studio sull’oggetto reale assente (oggetto in-Assenza), in:
www.in-absence.org/seminari [9] V. P.Ferrari, IV Saggio sull’Assenza: alle soglie del 2000 il progetto radicale scienza dell’evoluzione, musica e fattore Assenza, in: Zeta News,XVII,41-42, 1996, ed. Campanotto, Pasian di Prato (UD); e in www.in-absence.org/scienza
[10]
Una teoria del pensiero in Analisi degli schizofrenici e metodo
psicoanalitico, Armando, Roma,1970
[11]
V. P.Ferrari, II Lettera saggio sull’Assenza in op.cit.
[12]
V. P. Ferrari, Seminari ‘98-’99: Perdita di un mondo ed emergenza del nulla astratto
(in-Assenza), in: www.in-absence.org/seminari
[13]
V. I
Raddoppi in-Assenza di Paolo Ferrari. Installazione-Raddoppio (dematerializzante)
in-Assenza. Valenza, 1998-2003, ed. Skira, Milano, 1998.
[14]
V. P. Ferrari, I e III Saggio sull’Assenza
(1994) in: op.cit.
[15]
V. nota 6 e nota 8. [16] V. P.Ferrari, La post-evoluzione: Homo abstractus in Zeta News, XVII, 39-40, ed. Campanotto, Pasian di Prato (UD), 1996.
[17]
V. P.Ferrari, Lettera-saggio sull’Assenza, la realtà e la nuova scienza; e III Saggio (1994) (v. nota 1) in: op.cit.
[18]
Il nuovo paradigma della complessità segna la fine del riduzionismo
che per secoli ha caratterizzato il metodo scientifico. Poichè “introduce
l’incertezza” nello studio della realtà, esso sembra adatto a coglierne
l’attuale condizione in mutamento. (E.Morin, Introduzione al pensiero complesso (1993); M.Bocchi e M.Cerutti,
La sfida della complessità (1985).
[19]
“Un sistema complesso adattativo (SCA)
è un sistema aperto, formato da numerosi elementi che interagiscono
fra loro in modo non lineare che costituiscono una entità unica,
organizzata e dinamica, capace di evolvere e di adattarsi all’ambiente”.
(A.Gandolfi, Formicai, imperi, cervelli. Introduzione alla
scienza della complessità (1999).
[20]
Analisi in-Assenza: utilizziamo per ora questo termine, preferendolo a quello di psicoterapia,
per evidenziare la dimensione culturale-conoscitiva della cura in-assenza, differenziandola sia dal modello
cognitivo che da una concezione di terapia di tipo medico avente
per oggetto la psiche. Ricordiamo che in psicoanalisi, secondo J.Laplanche
e J.B. Pontalis, esiste la seguente distinzione tra psicoanalisi
e psicoterapia: “PSICOTERAPIA= A) In senso lato, ogni metodo di
trattamento dei disordini psichici o somatici che utilizzi mezzi
psicologici e, più precisamente, la relazione fra il terapeuta e
il malato: l’ipnosi, la suggestione, la rieducazione psicologica,
la persuasione, ecc.; in questo senso la psicoanalisi è una forma
di psicoterapia. B) In senso più ristretto, la psicoanalisi è spesso
contrapposta alle varie forme di psicoterapia per una serie di ragioni,
tra cui la funzione fondamentale dell’interpretazione del conflitto
inconscio e l’analisi del transfert volta alla risoluzione del conflitto.
C) Col nome di “psicoterapia analitica” si intende una forma di
psicoterapia che si basa sui principi teorici e tecnici della psicoanalisi,
senza tuttavia realizzare le condizioni di una cura psicoanalitica
rigorosa.” … “PSICOANALISI = Disciplina fondata da Freud, in cui si possono
distinguere tre livelli: A) Un metodo di indagine consistente essenzialmente
nell’esplicitare il significato inconscio dei discorsi, delle azioni,
delle produzioni immaginarie (sogni, fantasmi, deliri) di un soggetto.
Questo metodo si fonda principalmente
sulle associazioni libere del soggetto che sono la garanzia di validità
dell’interpretazione. L’interpretazione psicoanalitica può estendersi
a produzioni umane per le quali non si dispone di associazioni libere.
B) Un metodo psicoterapeutico fondato su tale indagine e specificato
dall’interpretazione controllata della resistenza, del transfert
e del desiderio. A questo senso si ricollega l’uso di psicoanalisi
come sinonimo di cura psicoanalitica; esempio: iniziare una psicoanalisi
(o: un’analisi). C) Un complesso di teorie psicologiche e psicopatologiche
in cui sono sistematizzati i dati apportati dal metodo psicoanalitico
di ricerca e di trattamento.” [21] Già all’inizio degli anni ‘80 Deleuze e Guattari avevano scritto di un sistema di realtà privato del centro, un mondo proliferante al di là di ogni schema codificato o pretesa riduttiva del significato oltre ogni tentativo di individualizzazione. Un reale non più rappresentabile attraverso riduzioni perchè costituito da molteplicità proliferanti e deterritorializzate, di fronte al quale essi avevano individuato l’esigenza di un nuovo metodo di conoscenza - il rizoma. Questo sembrava adeguato per un mondo visto come “punto di intersezione aleatoria e mutevole tra le proiezioni di derive esistenziali innumerevoli...” e ne proponeva la conoscenza attraverso l’applicazione di principi quali la Connessione dell’eterogeneo, la Molteplicità, la Rottura asignificante. Una teoria delle molteplicità, dove “il molteplice passa nello stadio del sostantivo. ... Le molteplicità superano le distinzioni della coscienza e dell’inconscio, della natura e della storia, del corpo e dell’anima ... sono la realtà stessa e non presuppongono alcuna unità, non entrano in alcuna totalità più di quanto non rinviino a un soggetto.”(C.Deleuze, G.Guattari, Millepiani, vol.I, Rizoma (1975). [22] Secondo P.Levy è in corso una virtualizzazione che fa parte del processo di ominazione. Già in passato si sarebbero avuti successivi passaggi ‘virtuali’ che hanno dato origine al linguaggio, alla tecnica, al contratto sociale. Levy considera il virtuale - a partire dalla sua etimologia da vis (forza) e anche da vir (uomo) - come un altro modo dell’essere; eterogenesi dell’umano che ne muta le coordinate spazio-temporali, non più fisse ma ogni volta ridiscusse secondo una deterritorializzazione che è anche una tendenza alla ‘non appartenenza’ costitutiva di una nuova collettività, la collettività virtuale (P.Levy, Il virtuale (1997). [23] Secondo S.Hawking (Nigel Farndale, Viaggio nel futuro con Hawking, intervista a La repubblica del 6/1/00) “la specie umana ha bisogno di migliorare le proprie qualità mentali e fisiche, se avrà intorno a sé un mondo sempre più complesso e dovrà affrontare nuove sfide ... Abbiamo anche bisogno di sviluppare una maggiore complessità, se vogliamo che i sistemi biologici continuino a rimanere in vantaggio rispetto a quelli elettronici...Al momento i computer sono superiori dal punto di vista della velocità, ma non mostrano alcun segno di intelligenza ... Ma la velocità e la complessità dei computer raddoppia ogni 18 mesi, e probabilmente auesto processo proseguirà finchè i computer avranno una complessità simile a quella del cervello umano". Di fronte all’urgente necessità di un corrispondente sviluppo del cervello umano, tale da produrre una complessità sufficiente, Hawking giunge a pensare in quell’intervista a una nascita umana extracorporea, in grado di consentire un abnorme sviluppo delle dimensioni del cervello di Homo s. secondo la logica per cui un aumento di dimensioni del cervello attraverso l’ingegneria genetica corrisponderebbe a un aumento di complessità delle sue funzioni. (Anche se ciò non garantirebbe invece un aumento di velocità, data una certa relativa lentezza dei messaggi chimici responsabili dell’attività mentale, tendente ad aumentare con l’aumento della complessità). [24] V. nota 7. [25] V. P.Ferrari, Seminari 1991-2000 in op.cit. e Introduzione ai Seminari 1999-2000 in: www.in-absence.org/seminari [26] V. il concetto di ‘malattia della specie’ in: P.Ferrari, III Saggio (1994) in op.cit. [27] Nel dominio in-Assenza - secondo il modello asistemico - si presume che il campo psicologico (e psichico) non esaurisca in sé la complessità delle relazioni interne all’asistema. Esso è uno dei possibili livelli di organizzazione (sottounità) dell’insieme: altri ne possono essere descritti a partire dal riconoscimento di una loro intrinseca differenza, qui indicata dalla a di a-psicologico. [28] “Processo primario, processo secondario. I due modi di funzionamento dell’apparato psichico quali sono stati definiti da Freud. Si possono distinguere radicalmente: a) dal punto di vista topico: il processo primario caratterizza il sistema inconscio, il processo secondario caratterizza il sistema preconscio-conscio; b) dal punto di vista economico-dinamico: nel caso del processo primario, l’energia psichica fluisce liberamente, passando senza ostacoli da una rappresentazione all’altra secondo i meccanismi di spostamento e condensazione; essa tende a reinvestire pienamente le rappresentazioni inerenti alle esperienze di soddisfacimento costitutive del desiderio (allucinazione primitiva). Nel caso del processo secondario, l’energia viene “legata” prima di scorrere in modo controllato; le rappresentazioni sono investite in modo più stabile, il soddisfacimento viene differito, permettendo così l’esecuzione di esperimenti mentali che saggiano le diverse vie di soddisfacimento. L’opposizione tra processo primario e processo secondario corrisponde a quella tra principio di piacere e principio di realtà.” (J. Laplanche, J.B. Pontalis, Enciclopedia della psicoanalisi, Laterza, Bari, 1995) [29] Vedere pag. 9 e seg. la nozione di schizofrenia della specie vedere pag. 9 e seg. la nozione di schizofrenia della specie. [30] Secondo la concezione lacaniana il soggetto si costituisce nella sua singolarità soltanto per via del suo inserimento nell’ordine simbolico che governa il mondo umano, sia che si tratti del linguaggio o del simbolismo socio-culturale. Come scrive A.Riflet-Lemaire in Introduzione a Jacques Lacan (1972): “La relazione duale primaria del bambino col suo simile - sia che si tratti di un altro bambino, della sua immagine riflessa dallo specchio o della madre - non dà al fanciullo la sua soggettività. ... Il bambino vede nell’altro, nell’immagine dello specchio o nella madre, nient’altro che un essere simile a lui, col quale si confonde e si identifica”. Per Lacan il problema della simbolizzazione si situa nel passaggio dall’opposizione duale - registro dell’immaginario - alla relazione a tre con l’intervento del terzo termine, quello mediano. L’avvento dell’ordine simbolico infatti presuppone sempre la rottura della continuità iniziale (rapporti duali dove l’uno è l’altro e viceversa). Ciò equivale a dire che con la risoluzione dell’Edipo, attraverso la castrazione simbolica, si produce l’accesso all’ordine del simbolo, della cultura e della società. Qui, secondo la prospettiva in-Assenza, tenendo conto della nozione lacaniana, “accesso al simbolico” è usato in un’accezione più generale. Sta a indicare un cambio di livello del sistema verso una condizione a > capacità di astrazione (= abstracto) che consenta - attraverso un venir meno = decremento di mors concreta - a un tempo l’oggettivazione del reale e il riconoscimento di un oggetto esterno differente da sé, e dunque lo sviluppo di processi di pensiero a maggior complessità rispetto a una condizione precedente più indifferenziata. [31] V. op.cit. [32] Ci riferiamo alla proprietà di oscillazione sui margini del caos propria dei sistemi complessi. [33] cfr. Nota 7. [34] Si veda a questo proposito la nozione di distacco nel paragrafo successivo. [35] Secondo quanto descritto da Paolo Ferrari in: II Lettera-saggio sull’Assenza: il distacco (l’oggetto astratto), la mente e la cura in Le lezioni dell’Assenza. Le vie (assenti) del nuovo pensare, Campanotto, Pasian di Prato (UD), 1994], nel dominio in-assenza la proprietà del distacco indica il legame (astratto) per assenza. Sul piano ontogenetico, la nozione di distacco rimanda all’atto radicale – senza più ritorno - con cui alla nascita il bambino si separa dalla madre, modello di tutte le perdite successive; l’elaborazione di questa prima separazione costituirebbe la base dell’evoluzione delle strutture affettive profonde e dello sviluppo psicoaffettivo del bambino. Dal punto di vista filogenetico, il concetto richiamerebbe la definitiva separazione della specie dalla propria origine animale (distacco di specie) e la primigenia formazione della mente umana. In-assenza si assume che quanto più il distacco sarà elaborato in modo radicale e affettivo, tanto più l’attività pensante sarà profonda e capace di generare al mondo l’ulteriore linguaggio astratto, le facoltà della ragione e dell’affetto che ad essa sono congrui dato l’attuale livello evolutivo della specie. Si ipotizza che con la formazione della capacità di distacco in-assenza si verifichi un cambio di livello nelle relazioni, corrispondente a una nuova organizzazione asistemica capace più elevata instabilità e pertanto in grado di maggiori oscillazioni (in-assenza) (cfr. nota 32) [36] “Il principio di realtà è uno dei due principi che regolano secondo Freud il funzionamento mentale. Esso forma una coppia col principio di piacere e modifica quest’ultimo: nella misura in cui esso riesce a imporsi come principio regolatore, la ricerca del soddisfacimento non si effettua più per le vie più brevi, ma passa per vie indirette e rinvia il suo risultato in funzione delle condizioni imposte dal mondo esterno”. (Da Laplanche e Pontalis,Enciclopedia della psicoanalisi (1993). [37] “... il collegarsi di un’idea con la realizzazione corrispondente produce una nozione. Ne discende che le nozioni sono obbligatoriamente connesse con un’esperienza di soddisfacimento. Delimiterò invece l’accezione del termine ‘pensiero’ al congiungersi di un’idea con una fustrazione. Il modello di cui mi servo per illustrare tale equazione è costituito dal neonato il cui presentimento del seno entra in rapporto con una realizzazione di indisponibilità di un seno gratificante. Questo tipo di congiungimento viene percepito come ‘non seno’ - un’assenza di seno dentro di sè. Il passo successivo dipenderà da quanto il neonato è capace di sopportare lo stato di frustrazione ... Se la sua capacità di sopportare la frustrazione è sufficiente, il ‘non seno’ interno diventa pensiero. Questo pensiero mette a sua volta in azione un processo - la facoltà di pensare.” (W.Bion, Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico (1970). [38] “... il termine funzione alfa corrisponde a una variabile incognita che va usata per venire incontro alla nacessità di creare un sistema di astrazione appropriato alle esigenze della psicoanalisi. ... Ai fini dell’indagine analitica è opportuno ipotizzare che la genesi di ogni astrazione sia un fattore appartenente alla funzione alfa.”(W.Bion, Apprendere dall’esperienza (1973). “La funzione alfa opera sulle sensazioni e sulle emozioni dell’esperienza immediata per produrre elementi alfa o ricordi che possono essere immagazzinati ed usati sia come pensieri del sogno che come pensieri della veglia. Tuttavia, se la funzione alfa è disturbata e non può operare, le impressioni sensoriali e le emozioni dell’esperienza immediata non vengono trasformate, o digerite, in ricordi. Esse rimangono nella mente come fatti indigeriti che Bion chiama elementi beta. Questi non possono essere usati per pensare perchè non assomigliano a ‘pensieri’, ma piuttosto a ‘cose in sè’ da manifestare e sono suscettibili soltanto di tentativi di evacuazione attraverso le identificazioni proiettive e l’acting-out. ... (Tramite la funzione alfa) l’esperienza rozza e immediata è trasformata in qualcosa di utilizzabile per pensare.” (H.Guntrip in: W.Bion, Apprendere dall’esperienza).
[39]
Alla voce Altro il Dizionario di di filosofia (1971) di N. Abbagnano (op. cit.) riporta che
l’altro è uno dei cinque generi sommi dell’essere enunciati da Platone
nel Sofista e che sono: l’essere, la quiete,
il movimento, l’identico e l’altro. L’altro (il diverso) è un genere
egualmente originario e irriducibile degli altri quattro. Ammesso
l’Altro come genere sommo, il non-essere potrà essere interpretato
non già come il nulla ma come l’altro dall’essere e precisamente
dall’essere di cui si parla. Quest’affermazione della realtà del
non-essere, in quanto A. o diverso, è presentata nel Sofista
come una specie di “parricidio” verso Parmenide, che aveva affermato
che il solo essere è e il non essere non è. Nella filosofia novecentesca il termine Altro (scritto per lo più con la lettera maiuscola) viene
usato con accezioni diverse, ovvero per indicare: a) il prossimo;
b) Dio; c) l’essere; d) la struttura; e) il linguaggio; f) l’Es;
g) il diverso utopico; h) l’alterità in generale; I) la differenza.
I vari autori si rifanno ora all’uno ora all’altro di questi significati
e talora a più di uno simultaneamente. Ad es., in L’essere
e il nulla (1943) di
Sartre l’altro coincide con lo sguardo pietrificante degli Altri,
cioè delle altre esistenze, degli altri “per sé”. In Der
Romerbrief (1919) di Barth coincide con la realtà abissale e
inattingibile di dio, concepito come il totalmente A. dal mondo.
In Heidegger l’A. rinvia all’essere, inteso come come A. dall’ente
(secondo la sua nozione di Differenza ontologica) e, nello stesso
tempo, come ciò che gli è più prossimo: “al dilà dell’ente, ma non
via da esso, anzi in cospetto di esso […] si rivela un A. (ein Anderes)” (Sentieri interrotti,1950, trad. Ital.; La Nuova Italia, Firenze, 1968,
1984, pag. 38) Jaspers
indica con l’A. la Trascendenza, la quale, nella sua “lontananza,
inaccessibilità e estraneità” non può “essere paragonata a nulla”
e scorge nel mondo un linguaggio cifrato, ossia un manoscritto
dell’A. (Filosofia,
1932, trad. Ital., Utet, Torino, 1978, 164, pag.1107). In Foucault
l’A. coincide con la presenza, nell’uomo, dell’impensato,
ovvero di quelle strutture profonde che lo costituiscono da sempre:
“L’impensato […] non risiede nell’uomo come una natura accartocciata
[…] esso è, nei riguardi dell’uomo, l’A.: l’A. fraterno e gemello,
nato non già da lui, nè in lui, ma a fianco e contemporaneamente”
(Le parole e le cose, 1966, trad. Ital., Rizzoli, Milano, 1967, pag.
348 e 351). Negli Ecrits (1966) di Lacan il termine A. ricorre
in più accezioni. A. è talora l’ordine simbolico e linguistico,
talora l’intersoggettività analitica, talora la Madre o il Padre
ecc., ma nel suo significato più rilevante coincide con l’Inconscio,
interpretato come l’autentica realtà dell’individuo: “noi insegniamo
al seguito di Freud che A. è il luogo della memoria, da lui scoperta
sotto il nome di inconscio” (trad. Ital., Einaudi, Torino, 1984,
pag. 391). Infatti, come mostra il celebre Schema L, il vero “soggetto” della psiche,
secondo Lacan, non è né l’io (a), né gli oggetti con cui egli si
identifica a livello immaginario (a’), bensì l’Es (S) e l’ordine
simbolico-linguistico (A) incarnato dal Nome del Padre, ovvero l’impersonale
soggettività pulsionale da un lato e l’impersonale soggettività
culturale dall’altro. Fortemente critici nei confronti dell’esaltazione
strutturalistica dell’a. sono invece i filosofi postrutturalisti
di tendenza neoanarchica, cioè quegli autori (Deleuze, Guattari,
ecc.) che, nei suoi meccanismi simbolici e sociali (Baudrillard)
scorgono un’istanza di normalizzazione e repressione (l’A: come
“padrone” della nostra psiche e del nostro esssere). Istanza alla
quale essi oppongono i diritti del desiderio e della libertà trasgressiva.
Nei francofortesi l’A. allude all’ideale utopico di una dimensione
d’essere (annunciata dall’arte di avanguardia) capace di fungere
da antitesi radicale nei confronti del mondo presente. Dimensione
“di perfetta e consumata giustizia” che nell’ultimo Horkheimer (La
nostalgia del totalmente A., 1970) assume valenze di tipo etico-religioso.
In Lévinas il concetto di A. rimanda sia all’assoluta alterità dell’altro
uomo (“L’Altro in quanto altro è Altri”), sia a Dio o all’infinito
(di cui è “traccia” il volto del prossimo) sia all’alterità in generale
(l’Autre in contrapposizione al Meme e alla sua dialettica inglobante
e assimilatrice). (cfr. Totalità
e infinito, 1961, trad. Ital., Jaca Book,
Milano, 1980, pag.69;
Di Dio che viene all’idea, trad. Ital.,, ivi 1985, pag. 12).
Alle tematiche dell’A. inteso come assenza
di Essere e Verità, ossia come differenza
che si oppone ad ogni forma di identità ed evidenza, si ispira anche
la grammatologia postmetafisica di Derrida, che in antitesi alla
cultura logocentrica dell’Occidente – e al suo culto della presenza
e della pienezza – insiste sulla teoria del senso come traccia e
duplicazione, ovvero come differimento continuo (Della
Grammatologia, 1967). Il Dizionario di psicologia (1992) di Umberto Galimberti, assumendo che
il termine “altro” acquista un suo significato specifico in base
ai contesti di riferimento, considera il termine secondo tre prospettive:
la Teoria lacaniana, la Psicologia sociale e la Psicologia del comportamento.
In Psicologia sociale la nozione di “altro” è stata introdotta da
G. H. Mead nell’accezione di altro
generalizzato: “La comunità o il gruppo sociale che dà all’individuo
la sua unità in quanto Sé” si può denominare l’ “altro generalizzato”
(generalized other). L’atteggiamento
dell’ “altro generalizzato” è l’atteggiamento dell’intera comunità
[…] che influenza il comportamento degli individui in essa implicati
e che a loro volta la sviluppano, […] che esercita il controllo
sulla condotta dei singoli membri, […] che si inserisce come fattore
determinante nel modo di pensare dell’individuo.” (1934). Dal punto
di vista della teoria lacaniana, si evidenzia come il termine “altro”
indichi il punto di approdo del desiderio. Il desiderio di essere
riconosciuto dall’altro, che Lacan media dalla dialettica hegeliana,
sottomette il desiderio alle condizioni dell’altro che non è l’altro
in carne e ossa, ma, innanzitutto, l’Altro con la “A” maiuscola
che rappresenta l’universo linguistico e simbolico in cui il desiderio,
per esprimersi, si deve inserire. Le due concezioni del’altro come
linguaggio e come inconscio vengono così composte in Lacan: il soggetto
si rivolge agli oggetti (nominati “altro” con la “a” minuscola)
in una relazione immaginaria e costruisce un Io. Ciò facendo egli
dimentica, per poi riacquisire, che la parola dell’Io si situa tra
l’Altro che è l’inconscio freudiano e l’Altro che è l’ordine simbolico
e linguistico a cui deve accedere per esprimere il suo desiderio
inconscio. Nel nostro scritto il termine altro (l’alterità) indica una differenza che comprende sia ciò che è diverso, essendo al di fuori del soggetto, esterno e straniero: un altro individuo; sia ciò che in-sé è “altro” e non conosciuto: strutturalmente altro perchè non appartenente al campo della coscienza – inconscio, secondo la definizione psicoanalitica. Nel dominio in-assenza, secondo le proprietà dell’omonimo asistema complesso, a queste accezioni si aggiunge il senso di un’ulteriore differenza (adifferenza): uno scarto che è apertura radicale a ciò che è totalmente altro e mancante per definizione, ovvero l’ Assenza.] [40] V. P.Ferrari, Il libro dell’universo assente. Un trattato teologico-scientifico (1989-1991), vol.II, pag.87 in: www.in-absence.org/scienza (in preparazione). [41] V. P.Ferrari, op.cit., pag.92. [42] cfr. Nota 7 [43] V. nota 5. [44] V. P.Ferrari, op.cit., vol.I, pag.83. [45] V. P.Ferrari, Seminario 20/1/2000: Il paesaggio d’un mondo nuovo come emergenza d’un nulla (virtuoso, virtuale) costantemente rimodellato in-Assenza in: www.in-absence.org/seminari [46] V. P.Ferrari, op.cit., vol.I, pag.68. [47] V. nota 53. [48] V. nota 3. [49] V. P.Ferrari, op.cit., vol.I, pag.130. [50] V. P.Ferrari,op.cit., vol.I, pag.165. [51] Si intende una particolare forma di relazione per distacco chiamata arelazione per indicarne con la a iniziale l’appartenenza alla differenza propria dell’ asistema (in-assenza), in accordo con il Principio di inclusione (V. P.Ferrari, Saggi sull’Assenza, in: op.cit.). [52] V. nota 1. [53] V. il Principio di inclusione in: P.Ferrari, II e IV Saggio, op.cit. [54] Per il concetto di apersona v. P.Ferrari, Considerazioni generali sulle a-persone e sulla in-azione scenica, in: P.F., Astratta Commedia, ed Campanotto, Pasian di Prato (UD), I998. [55] V. P.Ferrari, Progetto di città (del III millennio) in-Raddoppio assente: dematerializzazioni e rimaterializzazioni in-Assenza (2003), op. cit. [56] V. nota 47. [57] Si tratta di una condizione a maggiore capacità di astrazione e complessità in-Assenza caratterizzata dal venir meno del legame coattivo con l’oggetto-cosa concreta. Questo in Homo sapiens è invece ancora espressione dell’eccessiva presenza dei sistemi sensoriali e percettivi di vecchia origine animale (P.F., III e IV Saggio sull’Assenza, in op.cit.). [58] V. nota 55. [59] V. P.Ferrari, Seminario 16/12/1999: Modelli etici (e scientifico-estetici) in-Assenza nell’oltrepassamento del secolo, in: www.in-absence.org/seminari |