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Paolo
Ferrari
Lettera-saggio sull'Assenza,
la realtà
e la nuova scienza.
Il Principio d'Inclusione.
Egregio lettore,
con questo numero di Zeta di Campanotto continuiamo la collaborazione
ben nata nel numero precedente tra il nostro Centro Studi e la Rivista.
Con questa lettera - invito - introduzione - voglio ulteriormente
aprire la via alla conoscenza di quello che ormai da più
di vent'anni stiamo studiando: una nuova categoria, un nuovo livello
con il quale la realtà si mostra e il pensiero pensa se stesso
e così pensandosi pensa nuovo e pensa il nulla, ovvero l'Assenza.
Voglio subito precisare che la nostra ricerca non nasce semplicemente
da una speculazione filosofica o da un diverso metodo o campo di
osservazione della realtà.
Anche di questo si tratta, ma non in prima battuta. Ciò di
cui noi ci occupiamo è una condizione, uno stato - se così
si può nominare - della realtà umana e del mondo del
tutto differente da quello che è stato finora, una condizione
della quale attualmente abbiamo quotidiana esperienza anche nel
modo della somaticità, anche se - come vedremo - all'interno
d'una condizione somatica differente da quella finora nota.
Abbiamo scoperto e prodotto
al mondo una condizione della realtà, uno stato della materia
- se ci è concesso d'esprimerci in tal modo - capace dell'Assenza
- come l'abbiamo nominata: abbiamo fatto un vuoto al posto del pieno,
un nulla al posto della cosa e abbiamo 'pensato vuoto', un pensare
in grado di scavare se medesimo - essere niente, non essere - nel
momento stesso in cui si pone, in modo da farsi assente e capiente
e cogliere assente la cosa e la sua esistenza.
Caro lettore, è tanto difficile dire di quanto siamo a conoscenza:
ci è sembrato impossibile per lunghi anni, nei quali abbiamo
indagato la nostra psiche e analizzato i piani dell'inconscio e
oltre quello - siamo anche medici e psicoterapeuti - ; scoprire
la radice di una nuova ideazione, un'origine mai pensata né
esperita dell'essere e del pensare - tale che quello che ci appare
è nulla, è assente, non possiede, cioè, quella
valenza, quel significato, neppure quel significante che da sempre
gli è stato attribuito - , è un'esperienza incredibile,
terrifica e grandemente gioiosa, al tempo stesso, e all'estremo,
al di là di quanto finora s'è pensato, eppure così
prossima a un'esigenza costante e pressante dell'essere umano che
vive una vita, muore una morte e sopporta, spesso, un'esistenza
che avverte non consona a ciò che lo stadio evolutivo raggiunto
dalla specie Homo sapiens sapiens, come più tardi
avremmo conosciuto, in realtà non comporterebbe più.
Nel nostro lavoro, prima
sperimentale e di laboratorio, poi con l'ausilio d'un metodo particolare
di terapia, chiamato 'Attivazione', abbiamo sempre meglio chiarito,
prima di tutto a noi stessi, come esistesse un vincolo insito nella
cosiddetta natura umana - entro la sua specie - vincolo che non
permetteva di liberare la nuova entità evolutiva che si era
ormai sviluppata nei vari sistemi biologici cognitivi nei passaggi
dall'animale all'ominide e, infine, all'homo sapiens sapiens, di
quell'entità chiamata pensiero, ovvero intelligenza, ovvero
linguaggio verbale articolato e astratto.
Non siamo studiosi, in modo specifico, dell'evoluzione né
antropologi, tuttavia ci è sembrato in modo sempre più
evidente come la struttura dell'animale, i fondamenti della sua
condizione cognitiva fossero stati trasmessi senza modificazioni
sostanziali alla base della condizione umana e come questa si fosse
trovata a dover elaborare il mondo e la consapevolezza di sé,
essendo a mezza via con una natura non più animale, ma, invero,
non del tutto altra.
Come se la specie umana si fosse trovata ad essere prigioniera in
una condizione non più sua, bloccata e impotente entro una
realtà psicofisica che già da ora più non le
appartiene, ovvero non le apparterrebbe se si fosse originata appieno
la capacità di pensare. Come se l'attività nervosa
superiore fosse tutt'ora stretta in una morsa, non libera d'esprimersi
più apertamente e con maggiore intensità, con maggiore
finezza e modulazione a causa di legami vetusti ancora in atto con
quello che è il soma e l'esperienza della specie animale
passata.
Mi sono trovato, da medico, ad affrontare delle gravi psicopatologie
che né la terapia verbale né quella farmacologica
nota mai avrebbero potuto risolvere in modo congruo.
Io stesso avvertivo da anni in me, all'interno della mia stessa
struttura psicosomatica, vincoli, condizioni che conoscevo nel tempo
come non naturali, avendo consapevolezza, seppure parziale, d'un
livello più profondo e d'un sistema mentale e affettivo di
maggiore complessità e motilità.
Avevo consapevolezza, sia pure non del tutto esplicitata, d'una
condizione di realtà e d'esistenza più ampia e libera,
d'una capienza maggiore della coscienza, d'una più aperta
ed efficace capacità dell'apprendimento e d'una diversa origine
dalla quale trae la memoria.
Avevo incominciato, ancora da studente, a studiare ed esperimentare
negli animali da laboratorio il fenomeno dell'Inibizione,
in particolare dell'Inibizione condizionata, quel lato dell'apprendimento
per il quale è posta sotto osservazione l'estinzione
d'una certa abilità appresa, d'un certo comportamento piuttosto
che la condizione di acquisizione. Avevo concentrato l'attenzione
su un fenomeno che riguardava la mancanza, la cessazione piuttosto
che il suo contrario, fenomeno più evidente, che è
l'atto che porta al soddisfacimento. Avevo osservato sperimentalmente
in alcuni lavori di laboratorio e, poi, nel comportamento quotidiano
come l'acquisizione d'una capacità a estinguere un comportamento
precedentemente appreso, pertanto di inibire una risposta
acquisita fosse di gran lunga più importante - producesse
una migliore disposizione, avesse un maggior grado d'idoneità
- per successive prove sperimentali, in cui il compito fosse d'una
certa complessità discriminativa.
Contemporaneamente allo
studio dei processi comportamentali avevamo incominciato ad indagare
il fenomeno complesso dei piani profondi della psiche e della realtà,
in generale, e avevamo incominciato ad avere la consapevolezza di
come quei luoghi presi in considerazione dall'analisi freudiana
e da quella kleiniana, principalmente, non fossero completi, limitati
a un certo punto di vista e con l'uso di strumenti d'indagine non
adeguati alla realtà in questione, certamente più
complessa: di come il metodo dell'interpretazione - mezzo principe
dell'indagine e della cura psicoanalitiche - non producesse in realtà
significativi risultati terapeutici e conoscitivi, se non in casi
limitati e ben selezionati.
Da questi inizi teorici e sperimentali mi inoltrai nell'analisi
profonda dei processi psichici, facendo emergere strati che risultano
essere al di sotto e altrove rispetto a quelli indagati dalla teoria
e dalla pratica consuete.
Misi in luce per mezzo d'un metodo nuovo d'indagine e di terapia
- che chiamai 'Attivazione' e che aveva alla sua base l'uso della
parola, del suo valore profondo e del suo suono, la radice della
voce articolata e della sua componente emozionale e affettiva in
una condizione di attiva concentrazione e ideazione simultanee all'emissione
verbale - l'esistenza d'un livello mai esplorato entro la psiche
dato il quale il soggetto poteva avere esperienza consapevole -
d'una consapevolezza ulteriore - d'una nuova condizione dell'essere
- l'Assenza - mai fino allora emersa.
Condussi alcuni miei pazienti, con la finalità di superare
limiti imposti dalla loro patologia, alla condizione di avere l'esperienza
di nascita, d'una nascita specifica, diversa da quella loro
naturale - come in seguito mi fu chiaro. Con quel procedimento eravamo
passati al di là delle barriere che separano la vita dalla
non vita, il nato dal non nato. La patologia, che si manifestava
con vari sintomi, era il segno d'una realtà in cui era mancante
il fenomeno della nascita e non soltanto come fatto particolare
legato a un individuo, a una certa personalità ammalata,
bensì - come stiamo a mano a mano scoprendo - come espressione
d'uno stato più generale di malattia, sintomo d'uno stato
immaturo cui l'umana specie appartiene, stadio imperfetto, non concluso
e 'fissato' dell'evoluzione.
Una nuova realtà ne
sortisce, complessa di ulteriori relazioni (assenti) e gravida di
importantissime conseguenze, perché libera da vincoli antichi
e non confacenti, capace di rinnovarsi nelle sue radici prime a
contatto del 'pensar nuovo' cui non occorre (per esistere) l'appoggio
non cosciente della cosa, come suo rifugio e suo oggetto d'allucinazione.
Pubblicammo allora, 1978,
a compimento di quella fase della ricerca un libro dal titolo: "Paolo
e il suo compagno senza morte" per le Edizioni Apollinaire
di Milano. Era un testo dalla scrittura nuova, rivoluzionaria rispetto
a quella fino allora prodotta, non tanto nel senso della sua forma
o dei suoi contenuti - ché possono tipologicamente rientrare,
se si vuole farli rientrare, in una delle tante scatole che l'uomo
usa per difendersi dalla paura del caos e del cambiamento - , ma
era un testo diverso nelle sue radici. Ciò che esso provoca
entro la mente di chi legge pensiamo non sia mai accaduto: la scrittura
si pone non tanto per le sue forme - ripetiamo - fuori dai canoni
consueti della comprensione, dell'intelletto e dell'affetto noti,
bensì per le sue caratteristiche profonde, a fondamento e
causa delle quali produce nel lettore attento istantaneamente un
livello nuovo nel modo del pensare e dell'essere, quel livello che
ora chiamiamo dell'Assenza.
Attualmente
la ricerca incentrata sul sistema dell'Assenza, ne propone i linguaggi,
le forme dando il via alle diverse posizioni di tipo scientifico,
medico, psicologico, artistico, l'analisi dei segni e la composizione
dello spazio letterario - la nascita delle parole e dei legami (assenti)
di senso e di suono fra loro, musicale - la scoperta d'un nuovo
livello dove i suoni, la relazione complessa fra quelli si può
manifestare dando vita a una nuova forma di musica capace di interagire
profondamente con la coscienza, con la formazione in essa d'un livello
più consono, meglio articolato, maggiormente assente al fine
d'una più libera capacità di relazione con una realtà
meno costretta e più costruita, maggiormente sensibile e
affettiva.
La scoperta del livello dell'Assenza
- livello zero, privo della cosità del mondo che è
abbaglio della fisicità, del vecchio soma della specie non
adeguato al nuovo stadio dell'evoluzione caratterizzato dall'attività
pensante - è il luogo nel quale la ricerca attuale sta producendo
fruttuosi risultati nei diversi campi di studio e di applicazione.
Viene introdotto un nuovo livello del pensare, che s'origina vuoto,
capace d'essere tale in ogni sua manifestazione e, pertanto libero
d'un grande potere d'astrazione, di larga capienza perché
la realtà si faccia più ampia, complessa e si completi
di quel tratto che manca.
Stiamo, ogni giorno, ponendo nuovi rapporti esistenti fra le cose,
fra queste e il nulla, ponendo in atto anche forme diverse della
concettualizzazione, essendo rivoluzionata all'origine l'ideazione.
Ci siamo posti in questo nuovo luogo, un luogo speciale con uno
speciale statuto del tempo e dello spazio e da questo osserviamo
la realtà e le sue modificazioni indotte da questo nuovo
pensare. Siamo arrivati recentemente a formulare un Principio di
Realtà che comprenda in modo più completo la dimensione
di questa e le sue nuove relazioni che derivano dalle scoperte fatte
sulla base d'un pensare che esca dai canoni e dalle categorie usuali
della condizione somatica e psicologica - intellettuale e affettiva.
Tale Principio è così formulato:
"Principio d'Inclusione (di realtà).
Se la realtà è
osservata in un sistema d'osservazione che si ponga al di fuori
di quella (realtà) fino allora nota, ovvero diversamente
da quella, ovvero oltre i limiti della conoscenza fino allora consueta,
la realtà si comporterà nel modo secondo il quale
funziona l'osservazione, si comporterà, cioè, in accordo
con il sistema complesso che la osserva e la pone.
Da ciò consegue che se l'osservazione è sufficientemente
potente e libera dai vincoli del sistema noto - almeno per alcune
sue parti - produrrà predizioni e fenomeni di larga coerenza
e di chiara puntualità in corrispondenza con l'apparato complesso
teorico e sperimentale già insito nel sistema stesso d'osservazione
non necessariamente espressi sul piano evidente".
Osserviamo quotidianamente
come la realtà - non pensata soltanto quale ente metafisico,
ma anche e soprattutto come ente fisico, d'una fisicità altra
e più complessa, più vuota, non fissata dai precedenti
metodi mentali aleatori e riduttivi - sia essa stessa in evoluzione
e possa comprendere i 'nuovi nati', le profonde e ampie modificazioni
che l'origine d'un pensare - d'un'attività nervosa centrale
potente e consapevole - mai prima esistita può generare.
Finora nell'analisi dell'evoluzione due entità distinte erano
state prese in considerazione: la specie e l'ambiente. Distinzione
tra due entità che riteniamo grossolana, priva della complessità
sistemica dovuta, per la quale, invece, si dovrebbe pensare a una
condizione più ampia, non fatta unicamente di fattori dell'evidenza,
essendo lo sviluppo non solo della materia visibile, bensì
anche di tutti i fattori, gli eventi non visibili, vedi l'inconscio
e il pensiero.
La realtà di cui parliamo è realtà del pensiero,
d'un'attività pensante più aperta e vuota capace di
conoscere livelli maggiormente compiuti della materia e della sua
assenza.
Caro lettore, ci appare sempre
più chiaro come sia mancante nello stadio attuale dell'evoluzione
un passo, quello che differenzierebbe definitivamente l'uomo dall'animale,
passaggio guidato non più dal caso e dalla necessità
- la legge generale e approssimativa dell'evoluzione - ma dall'attività
pensante capace di distaccarsi dagli antichi legami con i precedenti
stadi evolutivi.
Andiamo scoprendo giorno per giorno un piano di grande estensione
e profondità - l'Assenza - , del quale l'attività
pensante finora manifestata nella specie, con i suoi corollari:
la coscienza, l'intelletto e la razionalità, e poi, l'affetto
(cosciente) e la conoscenza dell'altro, non sono altro che un aspetto,
un abbozzo non affatto risolto di quello più ampio.
L'attività pensante, cosciente e affettiva, i rispettivi
linguaggi, finora esistiti, sono ben piccola cosa rispetto a questo
nuovo livello, sgombro d'inconscio, libero e vuoto, pronto a generare
livelli complessi di realtà, d'un osservatore e d'un osservato
con maggiori probabilità di distacco, di minori influenze
reciproche e retroattive erronee, invece con maggiori gradi di conoscenza
astratta - migliori e più articolati linguaggi - e d'affetto
razionale.
Finora all'uomo non è dato realmente di conoscere il diverso
da sé; egli conosce il simile, la sua proiezione, eventualmente
controllata e sublimata, a mano a mano che la civiltà si
pone, ma non può produrre nulla che non sia ancora l'immagine
riflessa di sé.
Nel nuovo campo d'osservazione, in cui ci siamo posti, l'altro -
persino l'Alterità assoluta - è posto ed è
riconosciuto nella sua interezza e, pertanto, è concepito
con il più ampio e libero affetto.
In questa nuova condizione si spalancano le porte del mondo che
si mostra oltre i suoi confini, oltre l'identità consueta
delle cose, perché ora non occorre, perché il mondo
esista, la fissità eterna della cosa chiusa nell'identificazione
di sé come proprio riflesso. Nasce una condizione di nulla,
come detto, d'un nulla particolare, un'elaborazione di quel nulla
che tanto ha terrorizzato nelle ere, fin al suo originare, la vita
dell'uomo: questa si fa più assente, più povera di
virulenza, meno bisognosa d'affermarsi e di replicarsi in modo prepotente;
così, più quieta, più mansueta, si fa pronta,
adeguata alla comprensione d'un campo vasto quanto è il nulla
di cui la cosa è minima parte, pura evenienza e non certamente
la più importante, la più vera e complessa.
Il
metodo nuovo (d'osservazione scientifica).
Il 'Principio
e il concetto d''Inclusione' da noi introdotti nel campo della realtà,
nel quale nulla, proprio nulla, è escluso, anzi, il nulla
anziché la cosa - ribaltando l'assioma del pensiero occidentale
per cui la domanda è "Perché la cosa invece che
il nulla?" - si fa presente in ogni stadio dell'osservazione
e dell'evoluzione, poiché nulla è la regola,
è la capacità perché il reale sia, e sia, pure,
manifesto nel suo modo, complesso e di attiva sistematicità,
d'una espressività particolare, specificata nella radice
vuota, ovvero nella radice della più completa e somma differenza.
Diciamo 'particolare' e 'specifica' non perché di una minore
parte si tratti, ma perché, al momento - dati i modi del
pensare e del sentire consueto - la realtà ha bisogno di
mostrarsi per quella che è, cioè concreta della cosa,
e non (ancora un) nulla, libera nella radice di essere come di non
essere.
Vogliamo ribadire che non di un problema metafisico trattiamo; usiamo
i termini d''essere' e di 'non essere', di 'realtà', in modo
più 'concreto' e specifico della modalità dei linguaggi
consueti, come entità 'fisicamente' esistenti, sia pure d'una
'fisicità' differente dal concetto e dall'esperienza del
mondo fisico finora in atto.
Il nostro produrre concetti si pone nella 'differenza', cioè
in quello stadio della realtà non occupato ancora da cose
e da pensieri-cosa; in questo anfratto il mondo è pronto
a mostrarsi in modo differente, altro da quanto finora generato.
Usiamo il termine e il concetto di 'generare' perché dal
luogo d'osservazione in cui siamo posti, non esistono, come detto,
due entità separate - il soggetto e l'oggetto; il soggetto
e l'ambiente - , di quella separazione imperfetta e imparziale,
di quel distacco incompiuti; esistono - poniamo in esistere - ,
invece, relazioni maggiormente complesse; sovrapposizioni d'ordine
differente da quelle in uso nelle cose consuete; e 'assenze' che
producono valori di realtà secondo metodi d'osservazione
scientifica ben più complessi di quelli finora pensati e
attuati.
In
conformità al 'Principio d'Inclusione', da noi formulato,
che può essere considerato come un ampliamento e approfondimento
del principio antropico, arricchito dall'evento non affatto improbabile
d'una realtà in evoluzione - capace di comportarsi e di 'generarsi'
in accordo ai sistemi d'osservazione e della loro capacità
di aprirsi a nuove condizioni maggiormente complesse e di più
alto livello d'interezza rispetto a quelle in uso fino al momento
attuale in osservazione - , sarà una modificazione radicale
dell'attività pensante a produrre una modificazione sostanziale
entro la realtà, che si comporterà in accordo alla
modificazione in atto; e poiché riteniamo che il mutamento
radicale sia essenzialmente o meglio, unicamente quello d'una condizione
di maggiore grado d'assenza, d'astrazione e di più alto livello
di complessità e simultaneità (assenti) insiti nell'osservazione
per 'assenza', si può considerare che la realtà muti
in funzione del pensare per 'assenza' e che il suo mutamento generale
- l'evoluzione - si sia attuato come funzione del sistema assente,
sistema che è in grado d'abbracciare il campo del nulla,
ovvero di pensare radicalmente nel modo della differenza
che sono campi più ampli e differenti rispetto a quelli
solitamente e ordinariamente posti in essere.
Caro
lettore, la mia lettera si sta facendo un po' troppo lunga e, mi
sembra, anche di non semplicissimi accoglimento ed elaborazione.
Ma non ho alternativa al momento: la scrittura e il modo di trattare
il tema in oggetto hanno la misura cui attualmente sono giunto chiarendo
e semplificando dopo tanti e tanti anni e tappe successive volte
al continuo perfezionamento delle ipotesi, delle tesi.
L'Assenza è un tema di grande estensione, è un luogo
mai esistito al mondo; il pensiero, finora, ha tenuto fuori di sé
la sua dissoluzione, il suo annichilimento e ha rifiutato costantemente
d'essere messo alla prova da una siffatta condizione entro la quale
esso fu costituito, ma che, ora, è il luogo del suo superamento,
ponendosi un livello dove (il) pensare è vuoto, è
atto mancante, ma mai occultato né omesso. E' luogo d'accoglimento
capiente, è silenzio ed è capacità d'esistenza
di relazione più ampia ed elaborata, di qualità
altra per cui nulla s'affaccia all'esistenza se non
in una relazione d'assenza, ovvero in una relazione in cui è
dato il distacco consapevole e assente.
Introdurre questo nostro tema entro il pensiero e disporlo possibilmente
nel centro della natura umana, date le ristrettezze con cui essa
opera attualmente a causa di vetuste categorie della mente e incompiute
capacità dell'affetto, equivale all'avere a disposizione
un contenitore, piccolissimo e ridotto - la natura umana - entro
cui versare questo patrimonio esteso e profondo, senza confini artificiali
qual è l'Assenza.
E' questa simile a un mare, un mare vuoto, è l'infinita -
la più che finita - dimensione del nulla, d'un nulla particolare,
non il fragile e terrifico nulla della mente umana così come
attualmente è da quella pensato (per immagine).
E' il diversamente, è l'Altro, contenibile in un sol punto
e in tutti i punti dell'universo vuoto. La mente così com'è
attualmente è un piccolo e ridotto contenitore, limitata
entro le parti che essa stessa ha costruito al fine di sostenere
e controllare uno stato di realtà e, al medesimo tempo, le
proprie funzioni in una condizione di semplice e ridotta unitarietà,
ché, altrimenti, le cose sarebbero sfuggite da ogni parte,
essendo quella realtà propensa al disordine, alla disseminazione
se priva - com'è di solito - del livello dell'Assenza.
Siamo consapevoli che proporre la condizione dell'assenza in qualità
di universo esistente, concreto e reale, al posto di quello finora
sostenuto - dell'essere e del mostrarsi - equivale all'invito a
una rivoluzione radicale nella visione del mondo e nel soggetto
che osserva quel mondo. Proporre una dimensione fatta del nulla
e con la facoltà d'essere tale, senza alcuna tendenza alla
distruttività o alla dissoluzione negative, è l'immissione
nel campo della realtà d'una nuova condizione paradossale
non facilmente accettabile né risolvibile nella logica finora
vigente. Mettere al centro del mondo la sua stessa assenza - che
è luogo anche d'affettività, d'un affetto vuoto, ma
non insano, anzi, della sua maggiore espressione possibile senza
ambiguità - è una proposta che modifica di 360° la
normale comprensione delle cose.
Allora invitiamo calorosamente la ragione, perché si faccia
più docile e mansueta e così colma d'affetto, ricca
di tale componente che sgorga dal piano dell'assenza, si disponga
benevola a cogliere il nuovo. Quella novità a cui - noi pensiamo
- può disporsi la specie umana, per ora grandemente immatura,
capace soltanto di brevi e limitate performances con all'origine
l'assenza come si può ritenere siano il pensiero e la coscienza,
espressioni abbozzate di quella, così come lo sono i balbettanti
modi dei linguaggi astratti o i precari equilibri della mente e
persino l'incerta postura eretta.
Fino a qualche tempo fa ritenevamo che il passaggio qui dichiarato
fosse impossibile nella fase attuale dell'umano. Pensavamo che occorressero
migliaia di anni, così come era stato il tempo necessario
per la successione delle tappe evolutive e dei gradini intermedi
nell'ambito di ognuna di esse.
Recentemente ci sembra, invece, che il tempo si faccia maturo, il
tempo è ora accelerato, più idoneo - se non per i
livelli più complessi e più vuoti dell'assenza, se
non per la cognizione e l'esperienza d'un pensare ch'è nulla
e unicamente nulla - , per una via intermedia in cui è probabile
l'esistenza d'un pensare e d'una coscienza di qualità superiore
a quella finora espressa dalla condizione della specie, e, insieme
con quella, un miglior grado, qualitativamente superiore,
dell'affetto razionale che generi condizioni di libertà compiuta
nei singoli uomini entro di loro e nei rapporti reciproci tra le
differenti culture e società che abitano il nostro universo.
Caro lettore,
siamo giunti alla fine della nostra lunga e ardua lettera-introduzione-saggio.
Abbiamo trattato temi che soltanto da poco tempo osiamo trattare
con un pubblico più vasto ed eterogeneo che non abbia seguito
da vicino la nostra più che ventennale ricerca. Attualmente,
tuttavia, questa è più a portata di mano e di pensiero,
quelli consueti, per cui il nulla non è più tanto
inavvicinabile, così come il linguaggio dell'Assenza è
meno altro e vuoto.
In questi lunghi anni di ricerca - la ricerca ebbe inizio probabilmente
ancora più indietro, entro le 'cellule' fisiche e mentali
dell'evoluzione della specie e soltanto attualmente s'è manifestata
- abbiamo prodotto, oltre al lavoro scientifico e clinico, anche
altre attività relative al campo cosiddetto artistico, nel
campo delle Lettere e in quello della Pittura e, in particolare,
della Musica.
Tali campi hanno accompagnato le diverse fasi della trasformazione:
la 'cosa' s'è fatta a mano a mano meno cosa, fino a divenire
il nulla; e questo s'è manifestato su diversi livelli entro
l'anfratto della 'differenza', quel luogo dal quale originano le
forme nuove.
Sono in preparazione alcune opere, una, dal nome "Europa, o
l'Assenza" è in forma di poema e tratta della differenza
e del nulla, della specie immatura e della sua possibile e probabile
futura mutazione e sarà pubblicato dall'Editore Campanotto,
fra breve.
Un'altra, l'opera teorica, che diede inizio alla formulazione della
conoscenza del nuovo fenomeno: Dell'Assenza. Di alcuni tratti
della scienza e della realtà nuove: i foglietti della teoria
e della pratica" pure sarà pubblicata, in diversi tomi,
presso il medesimo editore, un poco più in là.
Nel precedente numero della rivista abbiamo presentato varie poesie,
due lezioni tenute dall'Autore della presente lettera l'anno passato,
insieme al curriculum scientifico e 'artistico' con la presentazione
fotografica del Centro Studi da lui diretto e dove, con altri collaboratori
lavora, e, in particolare, svolge l'attività di medico-psicoterapeuta.
In questo numero presentiamo la riproduzione d'un'opera della serie
"Le sconfitte", dal titolo "E la scienza a cavallo",
fatto d'una tecnica a più livelli.
Una serie nata nel 1984-'85 - opere a più stratificazioni,
luogo-non luogo della simultaneità assente - , per dire e
generare un livello 'assente', quel livello dove l'Essere è
'sconfitto' e si assenta nella centralità: si fa da parte
perché l'Altro possa affermarsi, libero da vincoli e generatore
di leggi sue proprie.
Presentiamo
anche un breve pezzo-testo di musica per doppio pianoforte (assente);
lo indichiamo qui anche con il termine "testo" come luogo(-non
luogo) dove la musica non è unicamente valore a sé,
condizione del suono e del silenzio puri e semplici, ma è
condizione essa stessa di studio e di ricerca - essa stessa luogo-non
luogo collegato con gli altri atti del nuovo pensare e della sua
Assenza.
Non che tale musica sia nella scrittura o nella sua espressione
palese differente dalla musica cólta dell'Occidente: com'è
evidente, la scrittura della composizione si mostra con una struttura
analoga a quella della composizione classica, qui disposta su
due livelli, che suonano simultanei, il livello 01 e il livello
02, livelli differenti e complementari dell'assenza, atti a far
sì che la realtà del suono abbia la più completa
e complessa rotazione.
E' altresì vero che all'ascolto profondo e vigile, risuonerà
altra - rispetto a tutta la musica nota - essendo le relazioni tra
i suoni (tra le note) - antisuoni, antinote - relazioni per assenza,
relazioni, cioè, non di vicinanza o analogia, né
di lontananza, nel significato usuale della parola, bensì
relazioni in cui le altezze tra i suoni e gli intervalli sono trattati
sulla base d'una cognizione e di un'esperienza nuove del suono e
della realtà tutta.
La radice del suono è ascoltata e conosciuta in assenza ed
è essa stessa assente; questa musica è composta e
vuota risuonerà, pertanto, di relazioni vuote, di intervalli
e di legature non 'sature', nel senso che non conducono in nessun
luogo noto prestabilito da leggi dell'orecchio e della mente. E'
musica non solo atonale, ma atopica - priva di luogo e di tono -
: esprime essa e genera stadi della conoscenza e dell'affetto finora
sconosciuti e non posti sul piano dell'esperienza immediatamente
evidente, producendo in profondità modificazioni nella struttura
sostanziale dei corpi (e delle menti), essendo il suono componente
fondamentale del tessuto compatto della materia fisica e somatica.
Caro lettore,
con ciò ti saluto e ti ringrazio: spero che tu abbia avuto
la benevolenza, la costanza e il coraggio necessari a seguirmi fino
a questo punto. Sappi, inoltre, che lo scritto qui presentato sgorga
spontaneo e libero, pur tuttavia definito fin nel suo ultimo fondo,
più volte finito e astratto, così come concerne la
musica che presentiamo; il suo è antisuono, che mi precede
spesso nelle mie esplorazioni e che interrogo come la mia Musa e
il mio oracolo, perché con le sue complesse relazioni - anti
relazioni - mi indichi lo stato del sistema ch'è in evoluzione:
mi accenni la strada per quanto concerne la scienza delle cose,
perché sono libere (nuove sostanziate), capaci anche di non
essere (pura assenza, puro nulla).
E' mio augurio
che almeno qualche aspetto di quanto vado sperimentando da lunghi
anni e conoscendo in un sistema composto da un metodo scientifico
nuovo e radicalmente diverso tu possa accettare e accogliere, perché
non vada disperso o non giri troppo a lungo ramingo e solo a cercare
un luogo-non luogo che lo ospiti e nel quale possa poggiare il capo,
o uomo, improbabile dall'Inizio, già ora disposto nel Futuro.
Con cordialità.
Paolo Ferrari
Dott.
Paolo Ferrari
Istituto
di ricerca e La Cura - Via Stromboli, 18 - 20144 - Milano -
tel. 02/4699490
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