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LA A-SCIENZA E TEOREMI IN-ASSENZA

Lettera-saggio
(Aprile 1993)

II Lettera-saggio
(Ottobre 1993)

III Saggio
sull'Assenza

(Febbraio 1994)

Interludio
dell'Assenza

(Aprile 1994)

Sunto del
IV Saggio
di Luciano Eletti

Aggiorna-menti dell'Assenza
a cura dei ricercatori del Centro Studi Assenza

 

 

Luciano Eletti

Sunto del IV Saggio sull'Assenza.

(Premessa e Il Teorema dell'Assenza)

 

 Sunto

L'universo relazionale astratto costruitosi con l'emergenza in Homo Sapiens del linguaggio e della cultura mostra la tendenza a frammentarsi, ad annullare il livello idoneo all'astrazione. Si deve ricercare tale concretarsi (e precarietà) nel mancato distacco definitivo dell'attuale sistema complesso dalla passata storia biologica.
Con l'attività pensante s'attua una predisposizione allo stadio ultraevolutivo (denominato assenza) condizione di maggiore indipendenza dalla pulsione, dalla cosa, dalla presenza concreta dell'oggetto materiale rispetto alle tappe precedenti della filogenesi; l'idoneità riflessiva struttura un universo differente capace di esistenza. Nel passaggio da animale ad Homo si produce un salto di sistema assolutamente nuovo e imprevedibile sulla base degli elementi iniziali, di fronte al quale l'universo così come per ora s'è stabilizzato, nell'autoregolazione dell'equilibrio tra le unità interne di Homo e l'esterno nel modo della concretezza, ovvero della conservazione e della sopravvivenza, evidenzia limiti strutturali, insufficienza a soddisfare le aspirazioni del nuovo essere: nonostante lo sviluppo culturale, etico e psicologico, l'organismo umano non è specifico nella sua interezza per la costruzione di mondi astratti, il rapido sviluppo della neocorteccia encefalica lo ha trovato impreparato. Il nuovo livello denota una contraddizione quasi inconciliabile: l'encefalo non dispone di mezzi fisico-sensoriali diversi da quelli dei suoi predecessori, benché l'aver appreso a pensare sia una capacità che pone una assoluta differenza (una novità di relazione e di esistenza) rispetto alle ere passate. Il livello emerso include facoltà nuove di organizzazione atte a limitare la presenza ossessiva di cosa-materia, stabilità all'inizio necessaria perché la vita non si spegnesse (già durante le fasi evolutive, però, l'estinzione delle specie aveva generato non l'entropia annichilente, ma stadi di maggiore espressività del molteplice e del diverso).
L'insorgenza di un ente biologico come Homo, che pensa e si relaziona per mezzo di vie ormai incongrue con l'ordine sistemico di cui è apportatore e interprete (in quanto osservatore e costruttore di mondo), le cui componenti corporee sono antiche di milioni di anni rispetto alle nuove disposizioni, comporta proprietà paradossali nell'ordinamento dell'universo da cui esso proviene. L'universo assume esistenza secondo le caratteristiche intrinseche alle nuove facoltà cognitive ed espressive e al contempo agisce in modi opposti: l'uno in accordo, per cui rinuncia alla propria antica presenza massiccia e totalizzante unicamente materica, seguendo la capacità del fattore assente sorta entro un suo costituente; l'altro contrario, per cui resiste alla diversità in assoluto dell'attività emersa, che lo obbligherebbe a divenire altro da sé. Analogamente accade all'interno di Homo, in cui, inviluppato nella materia-oggetto, l'attività pensante (razionale e affettiva) quotidianamente deve aprirsi la strada nel campo concreto e inerte del soma e della psiche, nell'universo-cosa; ogni suo atto, mentale o fisico, deve attraversare la barriera degli istinti e della consistenza corporeo-tattile. In prima battuta è colta la cosa non il niente (la materia non resistente, la realtà vuota), come dovrebbe essere in accordo con la nuova proprietà assente, col pensare in astratto; solo in seconda battuta, dopo la riflessione, Homo risolve sufficientemente la realtà-oggetto-cosa. Sono impensabili un mondo e un soggetto privi del punto di riferimento di un'incoercibile concretezza senza interstizi (nella "realtà virtuale" gli oggetti cessano la consistenza fisica, la ricezione sensoriale si fa vuota di materia, ma il corpo resiste, non rinuncia affatto alla sua concretezza-esistenza, garanzia di non esser morto). Accettare d'essere altro significa assumere per intero la privazione della modalità concreta.

La ricerca che studia le proprietà del nuovo campo di realtà denominato Sistema Assenza è lo sviluppo, quasi il sovvertimento, della realtà sistemica edificata sul fondamento della "complessità", il cui metodo rigoroso accoglie come significativi anche gli stati marginali, i comportamenti particolari, soppressi dalla razionalità scientifica classica che distingue per esclusione, riduzione e sintesi; esso disegna una trama sottile e fitta, un livello relazionale caratterizzato dal senso dell'unità complessa insieme col senso del singolo evento ("olismo complesso"). Il fattore assenza segna un ulteriore passo nella direzione di un cambiamento radicale dell'elaborazione del mondo: non si dà come necessario un mondo, cessa come valore imprescindibile persino il fatto che qualcosa abbia esistenza: in luogo dell'oggetto-cosa si sostituisce il nulla astratto. Si fa spazio a una relazione assente non limitata dalla fissità delle obsolete categorie note; persino vita e morte sono incluse, trasformate. La dimensione cerebrale di Homo appare coartata in una concretezza-fissazione (sensorialità —> percettività —> oggetto —> mentale) non affatto necessaria, nell'espressione mentale e cosica del mondo e, d'altro lato, appare pronta alla cessazione della rappresentabilità e dell'esperienza connesse a tale mondo manifestatesi finora.
Nel loro sviluppo i sistemi biologici complessi tendono a far emergere livelli di complessità e astrazione più progrediti, esplicazione di accoppiamenti strutturali di realtà con minor grado di occupazione rispetto ai sistemi che hanno preceduto Homo, la fissità dei quali ha indotto a un'eccessiva concretizzazione, a un'idea di materia-cosa presente persino nelle più sublimi acquisizioni umane e che impedisce il distacco dall'attuale piano concettuale relazionale. Una mutazione evolutiva dovrebbe realizzarsi attraverso relazioni ulteriormente astratte, secondo meno saturanti accoppiamenti tra soggetto pensante e realtà pensata, idonei alla differenza e alla non necessaria evidenza. La realtà sarebbe svincolata dalla coazione a ripetere, dalla conservazione dello status quo, dall'immobilità causata da un'oscillazione troppo limitata intorno al punto d'equilibrio vita-morte. Prima di Homo l'universo è un insieme privo di separazione e distinzione, del fattore assenza, condizione che pone interstizi tra le cosità atti all'esplicazione dell'attività pensante e dà luogo ad una dimensione radicalmente diversa da quella che implode entro l'oggetto concreto e informe, ad una realtà staccata da chi la pensa (il soggetto riconosce l'esserci d'un oggetto oltre che sé). Al di là dell'inveramento dello stadio dell'autoconsapevolezza, esiste un'ulteriore fase di realtà, maggiormente smaterializzata e complessa, non esaurita nell'idea-cosante propria dell'ecosistema di Homo, fissatosi fin dal principio in consistenze mentali e tattili, derivate da esperienze e pensieri inseriti nella passata evoluzione biologica, che hanno reso improbabile per milioni di anni ogni minima variazione nel senso di un cambiamento di livello del sistema verso la sottrazione di traccia dell'oggetto concreto.