Luciano Eletti
Sunto del
IV Saggio sull'Assenza.
(Premessa
e Il Teorema dell'Assenza)
L'universo
relazionale astratto costruitosi con l'emergenza in Homo Sapiens
del linguaggio e della cultura mostra la tendenza a frammentarsi,
ad annullare il livello idoneo all'astrazione. Si deve ricercare
tale concretarsi (e precarietà) nel mancato distacco definitivo
dell'attuale sistema complesso dalla passata storia biologica.
Con l'attività pensante s'attua una predisposizione allo
stadio ultraevolutivo (denominato assenza) condizione
di maggiore indipendenza dalla pulsione, dalla cosa, dalla presenza
concreta dell'oggetto materiale rispetto alle tappe precedenti della
filogenesi; l'idoneità riflessiva struttura un universo differente
capace di esistenza. Nel passaggio da animale ad Homo si
produce un salto di sistema assolutamente nuovo e imprevedibile
sulla base degli elementi iniziali, di fronte al quale l'universo
così come per ora s'è stabilizzato, nell'autoregolazione
dell'equilibrio tra le unità interne di Homo e l'esterno
nel modo della concretezza, ovvero della conservazione e della sopravvivenza,
evidenzia limiti strutturali, insufficienza a soddisfare le aspirazioni
del nuovo essere: nonostante lo sviluppo culturale, etico e psicologico,
l'organismo umano non è specifico nella sua interezza per
la costruzione di mondi astratti, il rapido sviluppo della neocorteccia
encefalica lo ha trovato impreparato. Il nuovo livello denota una
contraddizione quasi inconciliabile: l'encefalo non dispone di mezzi
fisico-sensoriali diversi da quelli dei suoi predecessori, benché
l'aver appreso a pensare sia una capacità che pone una assoluta
differenza (una novità di relazione e di esistenza) rispetto
alle ere passate. Il livello emerso include facoltà nuove
di organizzazione atte a limitare la presenza ossessiva di cosa-materia,
stabilità all'inizio necessaria perché la vita non
si spegnesse (già durante le fasi evolutive, però,
l'estinzione delle specie aveva generato non l'entropia annichilente,
ma stadi di maggiore espressività del molteplice e del diverso).
L'insorgenza di un ente biologico come Homo, che pensa e
si relaziona per mezzo di vie ormai incongrue con l'ordine sistemico
di cui è apportatore e interprete (in quanto osservatore
e costruttore di mondo), le cui componenti corporee sono antiche
di milioni di anni rispetto alle nuove disposizioni, comporta proprietà
paradossali nell'ordinamento dell'universo da cui esso proviene.
L'universo assume esistenza secondo le caratteristiche intrinseche
alle nuove facoltà cognitive ed espressive e al contempo
agisce in modi opposti: l'uno in accordo, per cui rinuncia
alla propria antica presenza massiccia e totalizzante unicamente
materica, seguendo la capacità del fattore assente
sorta entro un suo costituente; l'altro contrario, per cui resiste
alla diversità in assoluto dell'attività emersa, che
lo obbligherebbe a divenire altro da sé. Analogamente
accade all'interno di Homo, in cui, inviluppato nella materia-oggetto,
l'attività pensante (razionale e affettiva) quotidianamente
deve aprirsi la strada nel campo concreto e inerte del soma e della
psiche, nell'universo-cosa; ogni suo atto, mentale o fisico, deve
attraversare la barriera degli istinti e della consistenza corporeo-tattile.
In prima battuta è colta la cosa non il niente (la materia
non resistente, la realtà vuota), come dovrebbe essere in
accordo con la nuova proprietà assente, col pensare in astratto;
solo in seconda battuta, dopo la riflessione, Homo risolve
sufficientemente la realtà-oggetto-cosa. Sono impensabili
un mondo e un soggetto privi del punto di riferimento di un'incoercibile
concretezza senza interstizi (nella "realtà virtuale"
gli oggetti cessano la consistenza fisica, la ricezione sensoriale
si fa vuota di materia, ma il corpo resiste, non rinuncia affatto
alla sua concretezza-esistenza, garanzia di non esser morto). Accettare
d'essere altro significa assumere per intero la privazione
della modalità concreta.
La
ricerca che studia le proprietà del nuovo campo di realtà
denominato Sistema Assenza è lo sviluppo, quasi
il sovvertimento, della realtà sistemica edificata sul fondamento
della "complessità", il cui metodo rigoroso accoglie
come significativi anche gli stati marginali, i comportamenti particolari,
soppressi dalla razionalità scientifica classica che distingue
per esclusione, riduzione e sintesi; esso disegna una trama sottile
e fitta, un livello relazionale caratterizzato dal senso dell'unità
complessa insieme col senso del singolo evento ("olismo complesso").
Il fattore assenza segna un ulteriore passo nella direzione
di un cambiamento radicale dell'elaborazione del mondo: non si dà
come necessario un mondo, cessa come valore imprescindibile persino
il fatto che qualcosa abbia esistenza: in luogo dell'oggetto-cosa
si sostituisce il nulla astratto. Si fa spazio a una relazione
assente non limitata dalla fissità delle obsolete categorie
note; persino vita e morte sono incluse, trasformate. La
dimensione cerebrale di Homo appare coartata in una concretezza-fissazione
(sensorialità > percettività > oggetto
> mentale) non affatto necessaria, nell'espressione mentale
e cosica del mondo e, d'altro lato, appare pronta alla cessazione
della rappresentabilità e dell'esperienza connesse a tale
mondo manifestatesi finora.
Nel loro sviluppo i sistemi biologici complessi tendono a far emergere
livelli di complessità e astrazione più progrediti,
esplicazione di accoppiamenti strutturali di realtà con minor
grado di occupazione rispetto ai sistemi che hanno preceduto Homo,
la fissità dei quali ha indotto a un'eccessiva concretizzazione,
a un'idea di materia-cosa presente persino nelle più sublimi
acquisizioni umane e che impedisce il distacco dall'attuale piano
concettuale relazionale. Una mutazione evolutiva dovrebbe realizzarsi
attraverso relazioni ulteriormente astratte, secondo meno saturanti
accoppiamenti tra soggetto pensante e realtà pensata, idonei
alla differenza e alla non necessaria evidenza. La realtà
sarebbe svincolata dalla coazione a ripetere, dalla conservazione
dello status quo, dall'immobilità causata da un'oscillazione
troppo limitata intorno al punto d'equilibrio vita-morte. Prima
di Homo l'universo è un insieme privo di separazione
e distinzione, del fattore assenza, condizione che pone interstizi
tra le cosità atti all'esplicazione dell'attività
pensante e dà luogo ad una dimensione radicalmente diversa
da quella che implode entro l'oggetto concreto e informe, ad una
realtà staccata da chi la pensa (il soggetto riconosce
l'esserci d'un oggetto oltre che sé). Al di là dell'inveramento
dello stadio dell'autoconsapevolezza, esiste un'ulteriore fase di
realtà, maggiormente smaterializzata e complessa, non esaurita
nell'idea-cosante propria dell'ecosistema di Homo,
fissatosi fin dal principio in consistenze mentali e tattili, derivate
da esperienze e pensieri inseriti nella passata evoluzione biologica,
che hanno reso improbabile per milioni di anni ogni minima variazione
nel senso di un cambiamento di livello del sistema verso la sottrazione
di traccia dell'oggetto concreto.
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